Firenze non dimentica chi ha dato la vita per la liberazione.

Alle pendici del Monte Morello, il 10 aprile 1944, vengono avvistate numerose uniformi tedesche: sono le truppe del reparto esplorante “Hermann Göring”, comandate dal colonnello G. H. Von Heydebreck e assistite dagli infami repubblichini del posto, che contano 3 compagnie di soldati e una squadra della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana).

Lo scopo dichiarato dell’operazione è stroncare la resistenza locale, che ultimamente si sta intensificando. Entrati a Cercina guidati dal colonnello Loeben, i nazifascisti mettono a soqquadro il paese: le case sono razziate e gli uomini rastrellati, circa 300 in paese e 20 nella Pieve, dove sta venendo celebrata la messa da Don Alfonso Nannini, un noto fascista. I 300 rastrellati in paese sono indiscriminatamente arrestati e portati nelle carceri fiorentine, mentre i 20 arrestati alla Pieve sono obbligati a trasportare munizioni.
Una pattuglia, tuttavia, sotto delazione di Don Nannini, si avvia verso la casa del medico Brunetto Fanelli, ove quest’ultimo viene tempestivamente arrestato assieme ad altri 6 uomini. I 7 uomini sono portati alla località denominata “Il Masseto” e fucilati.
Il giorno stesso, a Cerreto Maggio, il reparto Göring si renderà protagonista di un altro bagno di sangue, uccidendo altri 7 uomini sospettati di esser partigiani.

Un mese dopo, quattro gappisti si ricordarono dell’infamia del collaborazionista Don Nannini, giustiziandolo davanti alla stessa Pieve di Cercina dove egli aveva tanto prontamente denunciato i suoi compaesani.

Ancora oggi, ricordiamo chi vigliaccamente contribuì a mandare al patibolo migliaia civili innocenti e partigiani, così come commemoriamo chi ha lottato contro le rappresaglie e i soprusi dei nazifascisti, perché è stato il sangue di figure come il dottor Fanelli a liberare questo paese dall’onta fascista, e nessun revisionismo fascista potrà mai cambiare ciò.

Firenze non dimentica chi ha dato la vita per la liberazione

Firenze non dimentica chi ha dato la vita per la liberazione

Firenze Antifascista

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Ci ha lasciati il compagno Salvatore Ricciardi.

Come tanti compagni/e abbiamo avuto la fortuna di incrociare la sua strada e di apprezzarne la generosità, l’intelligenza, la curiosità, l’umiltà e la coerenza.
Mancherà ai suoi cari ed a tantissimi/e compagni e compagne che porteranno nella militanza e nelle mobilitazioni la sua esperienza.
Ciao Salvo.

Riproponiamo un articolo che racconta la presentazione di “Cos’è il carcere” al Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos l’11/3/2016

http://www.perunaltracitta.org/2016/04/11/cose-il-carcere/

Salvatore Ricciardi

Salvatore Ricciardi

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Il disastro covid in Italia e in Toscana e la lotta verso il Primo Maggio.

L’emergenza sanitaria del Covid 19 e la conseguente quarantena forzata ci impone analisi e azione.
L’Italia è nel mondo il paese più colpito dal virus Sars-Cov-2 tanto che i decessi sfiorano i 15000 in poche settimane, molti dei quali non censiti come quelli nelle residenze protette (Rsa).

1) La sottovalutazione del problema
Nonostante in Cina già da settimane il virus stesse già facendo migliaia di morti, le autorità italiane hanno scelto di ignorare il pericolo, per non mettere in crisi il sistema economico nazionale che, sul modello capitalista, non può permettersi di fermarsi. Di fatto quando l’epidemia in Italia è esplosa, il virus circolava indisturbato ormai da mesi.

2) Gli errori nella gestione della emergenza
Confindustria e le oligarchie economiche che controllano le istituzioni di questo paese, hanno imposto cautela nel blocco della produzione per evitare danni ai propri profitti, mettendo in secondo piano la salute di lavoratori e cittadini. Inoltre per molte settimane i trasporti, anche a lunga percorrenza, hanno continuato a circolare a pieno regime, consentendo ai virus di spandersi rapidamente.
Il successivo decreto di chiusura delle attività produttive “non essenziali” ha in realtà lasciato aperte oltre 80 categorie produttive, molte più di quelle davvero indispensabili alla filiera alimentare o al servizio sanitario e parallelamente si sono ristrette sempre di più le libertà personali dei cittadini, quasi a compensare la mancata chiusura delle fabbriche, una compensazione inefficace, visto il forte incremento di contagi e decessi.
Caotiche anche le indicazioni sui dispositivi di protezione, infatti si è continuato a sostenere che non erano necessarie mascherine per gli asintomatici, mentre è oggi evidente che sono molti gli asintomatici positivi al virus e veicoli di contagio.
Anche la politica dei tamponi è state gestita in maniera schizofrenica e disordinata tanto da distruggere ogni possibilità di analisi e di intervento degli epidemiologi in campo.

3) Le mancate tutele dei lavoratori
È subito apparso chiaro che la tutela del sistema economico avrebbe valso più delle vite umane.
La chiusura delle grandi aziende è stata tardiva e parziale e la distribuzione dei dispositivi di protezione ai lavoratori inesistente o inadeguata, tale atteggiamento sprezzante ha prodotto una ondata di protesta e di scioperi che però il Governo ha vietato per molte categorie di lavoratori.
La stessa gestione ospedaliera della emergenza, per la carenza di Dpi adeguati e per protocolli operativi evidentemente non idonei a proteggere il personale in servizio, ha generato una mattanza vergognosa di medici e infermieri che urla giustizia.
Vergognoso in questo contesto quanto previsto dall’art 15 e 16 del decreto “Cura Italia” che ha sdoganato senza alcun fondamento scientifico l’utilizzo per i lavoratori, delle banali mascherine chirurgiche, equiparandole a Dpi, pur essendo noto che solo le mascherine Fpp2 e Fpp3 bloccano le microparticelle del Virus; ciò ha causato soprattutto in ambito sanitario un altissimo tasso di contagi.
Come se non bastasse in base all’art.7 del decreto “io sto a casa” gli operatori sanitari che sono venuti a contatto con soggetti sicuramente positivi al Coronavirus devono continuare a lavorare, senza previsione di quarantena.

4) Lo smantellamento del Sistema Sanitario Nazionale
L’emergenza Coronavirus ha messo in evidenza i limiti di un sistema sanitario che si vantava di essere uno dei migliori del mondo e si è accanita in una regione come quella Lombarda dove il processo di privatizzazione della sanità è più avanzato e dove la carenza di personale sanitario e di attrezzature, in primis i i respiratori, sono stati causa di molti decessi.
Ha evidenziato anche l’esistenza di sistemi sanitari e normative differenziate nelle varie regioni, nonostante per fortuna ancora non sia passata l’autonomia differenziata che a maggior ragione dovremo combattere.
Di fatto, in Italia nella approvazione generale delle forze politiche di maggioranza e opposizione, il Sistema Sanitario Pubblico è stato smantellato, in conseguenza delle politiche europee di austerità a cui l’Italia si è adeguata. Negli ultimi 10 anni il fondo sanitario ha visto 37 miliardi in meno, il numero di ospedali è diminuito da circa 1.200 a circa 1.000, con una diminuzione di posti letto da circa 225 mila a circa 191 mila e con 8mila medici e 13mila infermieri in meno; personale che adesso il Ssn si sta affannando di recuperare, persino con pensionati senza considerare gli alti rischi di salute per questa fascia di età, nel reintrodurli in ambienti contaminati.
Sempre in dieci anni, il settore dei medici di famiglia ha subito una riduzione del 6,8% e le guardie mediche sono state ridotte del 10%. L’Italia spende per il Servizio Sanitario Nazionale circa il 6% del Pil, questa percentuale è inferiore di 3 punti percentuali rispetto a quel che spendono Germania (9,6%) e Francia (9,5%). In Italia il numero di posti letto ospedalieri per numero di abitanti è tra i più bassi d’Europa, 3,2 posti letto ogni 1000 abitanti, contro i 5 ogni 1000 della media europea.
È anche inaccettabile che di fronte a una pandemia annunciata da anni, il sistema non disponesse di una degna riserva di dispositivi Dpi e di strumenti medicali adeguati.
Nel contempo ingenti risorse sono state deviate dal sistema sanitario pubblico a quello privato (che ben poco sta contribuendo ad affrontare la pandemia), non solo in termini di sovvenzioni e convenzioni per prestazioni specialistiche ambulatoriali ma anche per la delega di interi servizi, come la lungo degenza per gli anziani e l’assistenza dei pazienti psichiatrici.
Da sottolineare che nelle strutture private a fronte di guadagni enormi si registrano invece i peggiori casi di sfruttamento di lavoratori, sopratutto per l’uso indiscriminato di appalti e cooperative al massimo ribasso, pratica in via di diffusione anche nel sistema pubblico.
Anche gli immensi capitali riversatesi su welfare aziendale e sanità integrativa privata, grazie ad accordi tra politica, aziende e sindacati gialli, stanno depredato il sistema nazionale di risorse vitali.

5) La Questione Sociale
Qualunque sia l’evoluzione della pandemia, questa vicenda lascerà dietro di sé enormi macerie sia a livello umano che sociale ed economico.
Le migliaia di morti, lasceranno un vuoto incolmabile nella coscienza dei loro cari e in intere comunità a cui la pandemia ha tolto persino le onorificenze dei sepolcri, un costume millenario stampato nel nostro Dna.
Ma il vero dramma sociale si materializzerà per tante famiglie con la sopraggiunta crisi economica, molti settori sono infatti in ginocchio con il rischio di fallimenti di interi comparti, in un sistema in cui, dopo anni di leggi e accordi a favore dei padroni, sono tante le figure lavorative senza tutele né diritti, che si aggiungono ad un ampio mondo sommerso di disoccupati e “lavoratori a giornata”, spesso a nero, che già prima della emergenza a fatica sbarcavano il lunario.
In questa situazione non è tollerabile che i bonus previsti dagli ultimi decreti per le situazioni di indigenza debbano passare dal filtro burocratico dei Comuni, questo meccanismo farraginoso, anche per la carenza di assistenti sociali e per la parzialità del loro intervento, renderà impraticabile per molte persone in difficoltà, accedere agli spiccioli elargiti dal Governo, comunque elemosine inadeguate come dimostrano le esplosioni sociali già verificatesi, con il tentativo di assalto ai supermercati per il cibo; proteste represse con cinico rigore poliziesco.
È quindi necessario un reddito di quarantena e di emergenza per tutti, sufficiente ed adeguato a vivere (non a sopravvivere), obiettivo per il quale la mobilitazione sociale continuerà a organizzarsi e rafforzarsi.
Nondimeno le previste Cig per i lavoratori delle aziende chiuse, dovrebbero corrispondere l’adeguamento dello stipendio normalmente riscosso e non solo un parte di esso.
Peraltro i capitalisti, anche in Italia, hanno speculato, arricchendosi per decenni, sfruttando lavoratori e territori, persino in questa crisi c’è chi ha fatto affari d’oro, come i giganti del web, le aziende di telecomunicazioni, le aziende farmaceutiche e cosmetiche, le strutture sanitarie private che con il decreto “cura Italia” ha perfino visto incrementare contratti e guadagni.
Siano dunque speculatori e magnati a pagare i costi della crisi. La prima essenziale rivendicazione è dunque una tassa sui grandi patrimoni e sui grandi volumi di affari, unico modo concreto per socializzare le perdite e redistribuire le ricchezze; altrimenti i richiami alla solidarietà diffusa e al sentimento nazionale sentiti fino alla noia, saranno ancora una volta esche per le allodole, che non accetteremo.
Parallelamente è giusto citare la protesta esplosa nelle carceri italiane contro le condizioni indegne di sovraffollamento e di scarsa igiene, ribellioni represse in diversi casi nel sangue, come nel caso emblematico del carcere di Modena.
Anche sul diritto di sciopero stigmatizziamo l’atteggiamento del Governo, che dall’inizio dell’emergenza ha esercitato pressioni e divieti nei confronti delle proteste dei lavoratori. La pandemia non ha cancellato ma anzi aggraverà le tante crisi industriali di questo paese e non può essere negato ai lavoratori il diritto di lottare e scioperare per difendere il proprio futuro.
Addirittura nei servizi cosiddetti essenziali soggetti alla legge 146/90, si impedisce la possibilità di scioperare fino al 30 aprile, impedendo anche di protestare per le mancate tutele in relazione al Coronavirus e alla scarsa protezione nei posto di lavoro.
Vigileremo perché tale atteggiamento liberticida non si trasformi a regime in ulteriore attacco al diritto di sciopero, già fortemente limitato nel nostro paese.

6) L’EMERGENZA IN TOSCANA
Ad oggi in Toscana dall’inizio dell’emergenza si registrano oltre 4000 contagi, di cui circa 300 in terapia intensiva e oltre 240 morti tra cui anche persone di giovane età, sono invece oltre 14.000 le persone in isolamento domiciliare in tutta la regione.
La circostanza critica fa emergere anche nella nostra regione i tagli colpevoli del sistema sanitario pubblico operati negli anni. la Toscana guida la classifica delle regioni che hanno tagliato le strutture ospedaliere, in poco meno di dieci anni sono scomparsi oltre 50 ospedali centinaia di posti letto e di personale sanitario.
Nel panorama italiano la Toscana ha oggi uno dei più bassi rapporti abitanti/posti letto, meno di 3 per mille abitanti; posti letto che adesso si sta cercando di reintegrare tramite l’’istituzione di alberghi sanitari in convenzione con strutture turistiche, soluzioni chiaramente temporanee e non strutturali.
Parallelamente ai tagli va citata, anche in Toscana, una crescita costante della sanità privata, un trend agevolato anche da fondi sanitari aziendali e integrativi (spesso di gestione politico sindacale), di cui usufruisce la sanità privata e non il sistema pubblico.
La sanità privata in Toscana conta 3.000 dipendenti, ben il 6% dell’intero settore. la Regione Toscana ha pagato nel 2019 le strutture private accreditate quasi il 4% della spesa totale cioè circa 270 milioni di euro. Nella spesa ospedaliera della regione, i privati pesano il 13,5% del totale e coprono il 14% dei posti letti complessivi, cifre significative anche considerando l’alto numero di Rsa private. Non bisogna nemmeno dimenticare che la Toscana sta pagando a GESAT (prima gruppo Ansaldi e Pizzarotti e poi fondo di investimento inglese Equitix) per 20 anni, dal 2013 fino al 2033, 36 milioni di euro di canone per la costruzione in project financing dei 4 nuovi ospedali di Prato, Pistoia, Massa, Lucca.
La attuale emergenza da Coronavirus ha per di più determinato proteste del personale sanitario ospedaliero, per la insufficienza di dispositivi di protezione adeguati. In tale situazione è paradossale che con un ordinanza del 25 marzo la Regione abbia deciso di assegnare i Dpi più efficaci, gli Ffp3, soltanto al personale sanitario delle terapie intensive e nei reparti Covid ma non al personale di pronto soccorso, dei laboratori analisi o del 118, che sono comunque tra i lavoratori più esposti; inoltre solo adesso, dopo molte resistenze iniziali si sta iniziando a effettuare i tamponi per il personale sanitario.
In generale le tutele per i lavoratori della nostra regione anche degli altri settori sono tutt’altro che adeguate e molte sono state le vertenze per la mancanza di Dpi e di istruzioni per difendersi dal virus, questo in un quadro generale in cui aziende e istituzioni toscane hanno accettato con lentezza e dissapore la necessità di restrizioni sulle attività produttive.
Del resto da un punto di vista economico l’emergenza colpisce duramente tutti i settori, tra i più colpiti ci sono il turismo, (con tutto ciò che significa per una città come Firenze in termini di indotto) il settore alberghiero, il commercio, l’allestimento standistico, il ricreativo culturale, i trasporti, il manifatturiero. Una situazione drammatica in cui sono già molte le famiglie in sofferenza e rispetto alla quale le istituzioni pubbliche sanno solo fare appello alle banche, a dimostrazione dei limiti enormi e del cinismo di un sistema economico finanziario che consente la sopravvivenza delle persone salvo incidenti di percorso.
Una crisi sistemica grave che rischierà di gettare nel bacino degli indigenti tantissimi cittadini che con fatica mantenevano già prima a stento le proprie attività lavorative, che si aggiungono a disoccupati, precari, lavoratori degli appalti, apprendisti, partite Iva e tante altre categorie a rischio.
Da sottolineare che da sempre in Toscana, le difficoltà lavorative ed economiche vanno di pari passo con l’enorme problema dell’accesso alla Casa. Difatti in una città con costi degli affitti tra i più alti di Italia, sono tante le famiglie costrette a situazioni di inadempienza e occupazione, per le quali, solo grazie alla mobilitazione delle organizzazioni impegnate, è stato possibile ottenere un blocco degli sfratti tuttavia solo momentaneo, che lotteremo per rendere strutturale.
In tale situazione drammatica dobbiamo preoccuparci anche delle situazioni di crisi industriale già in essere come la Bekaert, la Piaggio, la Gkn, la Lucchini, la Continental, solo per citarne alcune: situazioni in cui i lavoratori si aspettano risposte concrete da ammortizzatori sociali e rilanci industriali che nel caos generale rischiano di passare in secondo piano, evento che non sarebbe ammissibile.
Infine sulla Scuola e sulla sospensione delle lezioni in aula, va detto che non può essere riversato sulle famiglie il peso economico della didattica on line, sopratutto in termini di contratti internet e strumenti tecnici; è inoltre urgente attivare le adeguate misure di sostegno per gli studenti che lo necessitano, in particolare per quelli certificati.
In ogni caso vista la particolarità dell’anno scolastico è opportuna una moratoria delle bocciature per tutti gli studenti delle scuole medie e superiori e lo stralcio, almeno dei mesi di emergenza, delle le tasse universitarie per l’anno 2020.

7) La Lotta, verso il Primo Maggio
Adesso più che mai la lotta per la salute passa anche per il diritto al lavoro e per i diritti sul lavoro. La pausa nelle vertenze e nelle mobilitazioni imposta dalla quarantena è per noi solo un modo per recuperare energie e ritornare presto, con vigore, a organizzarci per rivendicare diritti e dignità per tutte le donne e gli uomini anche di questa città. Lo faremo in modo coeso e solidale in nome della uguaglianza e della giustizia sociale.
A Firenze già molte organizzazioni progressiste e antagoniste si sono riunite in un percorso organizzativo che troverà la sua sintesi nella “giornata internazionale per il lavoro e per i diritti di lavoratrici e lavoratori” del Primo Maggio, promossa dai sindacati di base di Firenze.
Una giornata in cui urleremo anche il diritto alla salute, alla sanità pubblica, alla sicurezza sul lavoro, alla casa e allo studio. Una giornata nel risveglio della coscienza di classe, contro lo sfruttamento e la speculazione capitalista; una giornata antifascista e femminista e contro l’imperialismo con il suo corredo di sfruttamento e guerre.
Il Primo Maggio sarà anche sintesi delle mobilitazioni per l’ambiente e la difesa del territorio che a Firenze si sono caratterizzate per le battaglie contro il progetto di Inceneritore nella piana fiorentina, contro l’ampliamento dell’Aeroporto di Peretola, contro il progetto di Tunnel Tav e della Stazione Alta Velocità ma anche a sostegno delle mobilitazioni studentesche del Fridays For Futures.
Intendiamo costruire un nuovo percorso cittadino solidale e combattivo per riconquistare un futuro di dignità e diritti.
Firenze, 3 Aprile 2020

Primi firmatari:
Cub Firenze
Cobas Firenze
Usb Firenze
Usi Cit Firenze
Cobas Sanità Università e Ricerca

Adesioni:
Collettivo 13 Rosso Firenze
Fronte di Lotta No Austerity
Assemblea Beni Comuni Diritti
Comitato provinciale Firenze Pmli
Partito della Rifondazione Comunista-Firenze
Movimento di Lotta per la Casa di Firenze
Collettivo di Unità Anticapitalista di Firenze
Collettivo Bujanov
Lotta Continua Firenze
Sergio Falcone, attivista politico, Roma.
Cantiere sociale Camilo Cienfuegos

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5 Aprile 1945: lo sciopero degli operai modenesi.

Il 5 aprile inizia nel Modenese uno sciopero generale contro la volontà dei nazisti di deportare operai FIAT in Germania. Questo momento segna il culmine dello scontro di classe tra operai modenesi e fascisti, questi ultimi disposti a sfruttare e a deportare gli operai come se fossero merce al fine di alimentare l’economia di Guerra nazista. Vengono compiuti atti di sabotaggio, occultamento e anche scontri aperti con le forze d’occupazione, le quali segnano la volontà da parte degli operai di scacciare gli oppressori dalla propria città.

In momenti come questi, quando viene attaccato il diritto di sciopero con la scusa di misure emergenziali o tramite i decreti sicurezza, è importante ricordare chi ha alzato la testa e ha lottato non solo per i diritti che gli erano stati negati, ma anche per l’avvenire di una società più equa e senza lo spettro incombente del fascismo.

ANTIFASCISMO È LOTTA DI CLASSE

Firenze Antifascista

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La lotta dei/delle partigiani/e è la nostra lotta!

Primavera 1944, il Mugello è rastrellato dalle truppe naziste e dalle milizie repubblichine.
Il 4 aprile trentaquattro partigiani, guidati da Marino Cosi, tentano un assalto alla stazione di Montorsoli, dove sono in transito alcuni ufficiali tedeschi con milizie fasciste.
Le cose però non vanno come previsto, i nazifascisti scendono prima dal treno, salgono al primo piano della stazione e usando i civili come scudo costringono i partigiani a desistere.
Dino Ciolli muore durante l’azione, Mario Lazzerini viene lasciato dai tedeschi a morire dissanguato poco distante dalla stazione.

I partigiani, in buona parte feriti, sono costretti a ritirarsi. Il loro destino sembra segnato, ma è a quel punto che incontrano l’arma più forte della resistenza: la sua natura popolare.
Elio Bartolozzi, contadino di 20 anni, aiuta i feriti a raggiungere Pescina, salvandoli.
Il giovane verrà arrestato e torturato dai nazisti, ma non rivelò nessuna informazione sul gruppo di partigiani che aveva aiutato. Fu spedito nel campo di concentramento di Fossoli e poi di Bolzano e Mauthausen, destinato all’eliminazione; venne liberato nell’aprile del 1945 dagli alleati.

I fatti della primavera del ‘44 in Mugello ci ricordano come la resistenza sia una pratica collettiva, una lotta per una società che ponga al centro la vita e la dignità di tutti e tutte.
Possano i sacrifici di chi ci ha preceduto rinnovare fiducia, speranza e voglia di rivalsa nei nostri cuori, con il loro sangue negli occhi e la loro rabbia nel petto continuiamo, perché la lotta dei partigiani e delle partigiane è la nostra lotta!

Mugello rastrellato da truppe naziste repubblichine

Montorsoli

Firenze Antifascista

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Colpol – Domenica 5 Aprile 2020 Cronache dell’emergenza carceraria: tra diritti negati e rivolte

H18:OO LIVE SULLA PAGINA FB DEL COL*POL

Cronache dell'emergenza carceraria: tra diritti negati e rivolte

Cronache dell’emergenza carceraria: tra diritti negati e rivolte

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Cpa Firenze Sud – Sabato 4 Aprile 2020 Diretta streaming

H18 Sicurezza, nuovi decreti, limitazioni di libertà e accentramento di poteri.

Sicurezza, nuovi decreti, limitazioni di libertà e accentramento di poteri.

Sicurezza, nuovi decreti, limitazioni di libertà e accentramento di poteri.

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Solidarietà e pieno appoggio ai prigionieri che difendono le proprie condizioni di vita, alle loro lotte, alla Resistenza del popolo palestinese.

Prigionieri palestinesi covid19

Prigionieri palestinesi covid19

Il professor Mazin Qumsiyeh, Direttore del Museo Palestinese di Storia Naturale, il 19 marzo 2020, dalla cittadina di Beit Sahour scrive: “Perché i cittadini lasciano che i loro governi accumulino poteri da usare in benefici politici durante una crisi, poteri che violano i diritti civili, sapendo che quando la crisi sarà finita i governi non restituiranno quei diritti ai cittadini (vedi ad esempio l’atto Patriot del 2001)?”

Infatti, dopo l’11 settembre, prese il via un ampio processo di riforme legislative in materia di lotta al “terrorismo” sia negli Stati Uniti, ma anche nel resto del mondo. Questi mezzi legislativi hanno inciso in modo fondamentale sulla libertà e sulla sicurezza delle persone, in nome della sicurezza nazionale. Il primo atto emesso dal congresso nei giorni successivi fu L’Usa Patriot Act (comunemente noto come Patriot Act) che è stato trasformato in legge da George W. Bush il 26 ottobre 2001. Il titolo della legge è formato da tre lettere -Usa- che precedono un acronimo di sette lettere -Patriot-, il cui senso è “unire e rafforzare l’America fornendo strumenti appropriati necessari per intercettare e ostacolare il terrorismo”. Il 26 maggio 2011, il presidente Barack Obama ha firmato l’estensione per quattro anni di tre disposizioni chiave della legge: intercettazioni telefoniche itineranti, ricerche di documenti aziendali e sorveglianza di “lupi solitari”, cioè individui sospettati di attività legate al “terrorismo” senza far parte di gruppi terroristici. A causa della mancata approvazione del Congresso, alcune parti del Patriot Act sono scadute il 1° giugno 2015, ma, il giorno successivo, le stesse sono state ripristinate (es. l’autorizzazione per intercettazioni e monitoraggio dei “terroristi” e rinnovate fino al 2019.

Per i regimi imperialisti, l’emergenzialismo è il terreno su cui applicare nuove forme di repressione, spesso già sperimentate in quel laboratorio del controllo e della guerra di aggressione che è la Palestina occupata dai sionisti. I regimi imperialisti sprecano miliardi nel settore militare e della repressione, a spese della sanità pubblica, impoverita e saccheggiata, come vediamo drammaticamente questi giorni. Si manifesta così l’ipocrisia emergenzialista e il disprezzo per la vita umana da parte degli imperialisti. Disprezzo che è evidente, non solo per come i governi hanno affrontato l’emergenza coronavirus, privilegiando l’aspetto repressivo e di allontanamento sociale, ma anche per tutto il silenzio che circonda i 25.000 che muoiono ogni giorno di fame, i 10.000 che muoiono ogni giorno per malattie come la malaria che si può prevenire, o per le centinaia che muoiono ogni giorno per effetto del blocco (ad esempio Gaza, Venezuela, Cuba, Iran), come ha sottolineato nel suo scritto anche lo stesso Qumsiyeh.

E anche per l’indifferenza nei confronti di tutto il popolo Palestinese che quotidianamente viene sottoposto a interminabili controlli, limitato nella libertà di movimento, rapinato della terra, dell’acqua e della sua storia ed identità dall’entità sionista che qui in Italia, e non solo, viene indicata come “faro della democrazia in Medioriente”.

L’autorità delle carceri israeliane ha comunicato due giorni fa che nel carcere di Majeddo quattro prigionieri palestinesi sono stati infettati dal corona-virus. Già da tempo i prigionieri avevano chiesto protezioni, coscienti, in particolar modo, anche delle loro precarie condizioni di salute, e ora accusano i sionisti di aver pianificato il contagio dal momento che non è stato preso nessun provvedimento neppure per coloro che sono a stretto contatto con i detenuti.

Hanno quindi deciso di attuare una serie di azioni di protesta, infatti da venerdì 20/3 hanno iniziato con il rifiuto del cibo e chiedono la liberazione dei prigionieri ammalati, delle donne e dei bambini. Ricordiamo che attualmente ci sono 180 minori reclusi nelle carceri sioniste, di cui 26 sotto i sedici anni, che vivono in condizioni di sovraffollamento.

Israele sta cogliendo l’occasione per attuare gli ultimi ritocchi al suo piano di completa egemonia, di pulizia etnica e, non a caso, recentemente l’esercito sionista di occupazione è andato a Betlemme completamente equipaggiato con protezioni antivirus per arrestare tre persone nelle loro case.

Come Fronte Palestina ci siamo sempre battuti a sostegno dei prigionieri palestinesi e non vogliamo tacere proprio ora che la notizia della pandemia sta oscurando tutto compresa la strage di Stato perpetrata nelle carceri italiane contro i detenuti in lotta.

Solidarietà per i Palestinesi di Gaza che non hanno mai scelto di vivere in una prigione a cielo aperto, e neppure di essere condannati a morirci!

Fronte Palestina

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22 Marzo 1944: Eccidio di Campo di Marte

Antonio Raddi, 21 anni.
Leandro Corona, 21 anni.
Ottorino Quiti, 21 anni.
Adriano Santoni, 21 anni.
Guido Targetti, 21 anni.

Fucilati dalle camice nere repubblichine, il 22 Marzo del 1944
Rastrellati a Vicchio da SS e Repubblichini, dopo che il paese mugellano era stato liberato dai partigiani fiorentini, furono prelevati e portati a Campo di Marte, nei dintorni dell’allora Stadio Berta.
Il podestà ordinò l’immediata fucilazione per renitenza alla leva nell’esercito della Repubblica di Salò.

Il sangue dei “ragazzi del Campo di Marte”, che voleva incutere terrore e paura nella popolazione e isolare i/le partigiani/e, seminò rivalsa e riscatto. I GAP in città e le Brigate in montagna crebbero di numero e di volontà nel cacciare definitivamente fascisti e occupanti dalla città e dalla campagna fiorentina.
Firenze insorse qualche mese dopo.

La Primavera della libertà, a Firenze, inizia il 22 Marzo.

22 Marzo 1944: Eccidio di Campo di Marte

22 Marzo 1944: Eccidio di Campo di Marte

Firenze Antifascista

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Crisi sanitaria o crisi del sistema?

Nelle ultime settimane e con il prolungarsi della crisi sanitaria causata dalla diffusione del Covid-19 il volto peggiore del sistema capitalista sta venendo a galla e ci sentiamo in dovere di riflettere sui risvolti socio-politici di questa crisi: sanità, lavoro, welfare della famiglia, casa e carceri.

I numerosi tagli alla sanità pubblica (37 miliardi solo negli ultimi 10 anni) hanno drasticamente ridotto il personale spesso esternalizzato, nonché peggiorato l’accessibilità e l’efficienza del SSN.
L’esempio eclatante è la regione Lombardia, che sta pagando un altissimo prezzo in vite umane al Covid-19, e che ha visto il suo ex governatore Formigoni condannato per corruzione nella gestione della sanità per un ammontare di 6 milioni di Euro provocando un conseguente danno erariale che è stato possibile quantificare in 47 milioni di Euro. Se teniamo conto che un ventilatore polmonare costa 17 mila Euro con i soldi che si son mangiati ne potevano comprare 3000 necessari a salvare vite umane.
Come più volte ci hanno ripetuto in questi giorni, le terapie intensive e in generale i servizi sanitari sono a rischio collasso, la mancanza di personale coinvolge tutti i livelli (medici, infermieri, operatori, logistica, pulizie). Per far fronte alle necessità le lavoratrici e i lavoratori sono costretti a turni massacranti, viene chiamato personale infermieristico dalle liste dei concorsi, richiamati medici già in pensione, spinti in corsia neolaureati in medicina senza specializzazione ed ancora più grave mancano dispositivi di protezioni individuale, macchinari, posti letto.
In tutto questo la sanità privata, che ha prosperato grazie a sovvenzioni statali ed assicurazioni private, è la grande assente e guarda alla crisi del sistema sanitario nazionale sognando nuove possibilità di profitto che spesso nascono in situazioni emergenziali.
È oramai evidente che si tratta in primis di emergenza della struttura sanitaria e non solo di emergenza Corona Virus.

In egual modo anche il mondo del lavoro è stato investito dalle conseguenze della crisi del sistema sanitario.
Dal governo Conte escono decreti per dirci di stare a casa, ma stretto nella morsa di Confindustria dichiara altresì che la produzione non si può fermare, che l’Italia non si può fermare, mettendo di fatto gli interessi economici privati davanti a quelli della salute pubblica e della salvaguardia di tutti noi.
I sindacati confederali avallano le scellerate posizione di Governo/Confindustria firmando un accordo in cui non solo non viene fermata la produzione di prodotti non di prima necessità ma che non prevede reali garanzie sulla salvaguardia della salute dei lavoratori.
Viene lasciata alle singole aziende la definizione di quale siano le procedure, i DPI e le tutele necessarie, senza che ci siano reali e risolutivi controlli, mentre declina le responsabilità alle RSU locali molte delle quali continuano a denunciare condizioni di lavoro non sicure. La risposta arriva però dalla base delle lavoratrici e i lavoratori, che in molti settori come quello metalmeccanico e della logistica, si sono organizzati in scioperi e proteste a difesa della salute non solo loro, ma delle loro famiglie e di tutta la comunità.

In una situazione di pandemia globale la soluzione per diminuire i contagi è una sola: chiusura di tutte le aziende che non si occupano dei servizi essenziali e reddito di quarantena per tutti i lavoratori. In una situazione di emergenza globale, vengano adottati i fondi di emergenza.
Non è ammissibile che da decreto si dia la possibilità di scalare ferie e permessi in misura maggiore rispetto a quello previsto dai contratti, di fatto scaricando la crisi economica sulle lavoratrici e i lavoratori. Né può essere considerato una misura dignitosa un incentivo una tantum di 100 Euro a chi rimane a lavoro per tutto il periodo di crisi … non è nemmeno una mancia, ma un insulto.

Da una parte ci dicono di stare a casa, dall’altra milioni di persone continuano ad andare a lavoro, prendere mezzi pubblici e stare a contatto tra di loro 8/9 ore al giorno; per poi tornare a casa dalle famiglie che, così come per le lavoratrici e i lavoratori in questione, si suppone siano immuni a sentire i discorsi di politici e padroni.
È assolutamente necessario garantire sicurezza per tutte le lavoratrici e i lavoratori dei servizi essenziali, ed una turnazione che ne consenta i necessari riposi. Diminuire le presenze nei settori di non primaria necessità vuol dire anche risparmiare dispositivi di protezione per chi ne ha reale bisogno, visto che al momento non bastano nemmeno a coprire l’esigenze del sanitario.

Il domino che si è scatenato con la crisi sanitaria non ha mancato di colpire un altro tassello fragile dello stato, quello che riguarda il welfare familiare. La decisione di chiudere le scuole ha costretto ad affidare i bambini ai nonni, per chi li ha in pensione, o a dover dar fondo alle ferie vista l’insufficienza dei congedi parentali che comunque prevedono una paga ridotta al 50%. In molti casi la precarietà del lavoro data da contratti altamente ricattabili (a chiamata, interinali, a tempo determinato, in cooperativa etc..) o all’assenza di contratti regolari ha portato all’impossibilità di assentarsi pena la perdita del lavoro.

Ci dicono di stare in casa, ma per chi una casa non ce l’ha non è previsto nessun aiuto. I centri che si occupano di distribuire pasti e aiuti sono chiusi o chi ancora opera è fortemente in difficoltà e succede anche che a Milano vengono denunciati senzatetto per non aver rispettato il decreto governativo. Ma se lo stare a casa è un dovere, vogliamo ricordare che è anche un diritto di tutti a prescindere da decreti o da crisi sanitarie.

Abbiamo visto degenerare la situazione nelle carceri; anche lì la situazione è ai limiti da anni. Il sovraffollamento è quasi strutturale, solo nel carcere di Sollicciano conta circa 800 detenuti su una capienza massima della metà, e ciò potrebbe portare ad una strage in caso di diffusione del Covid-19, lì dove in una cella vivono 7/8 persone, altro che rispettare la distanza di 1 metro gli uni dagli altri. Nessuna misura preventiva è stata adottata per migliorare le pessime condizione igienico-sanitarie che vengono denunciate o per limitare la possibilità di contagio tra detenuti garantendo spazi idonei. Sono stati invece privati del diritto alle visite familiari quando poi a Sollicciano è risultato positivo al tampone proprio un agente di custodia.
Le rivolte nate in diversi carceri sono state sedate a colpi di repressione che ha portato a 14 morti (9 a Modena, 3 a Rieti e 2 a Bologna). Morti velocemente derubricate ad overdosi da “abusi di sostanze sottratte nelle infermerie”, senza neanche uno sforzo di fantasia forti dell’impunità di altri e ben noti casi di abusi in divisa, pensiamo a Cucchi, Uva, Aldrovandi, Arafet.

Ci vogliono chiusi in casa, mentre si svolgono prove di militarizzazione delle città, con cortei di macchine di polizia sventolanti il tricolore a suon d’inno di Mameli, è successo in provincia di Salerno, roba da dittatura.
Ci vogliono chiusi in casa, dicevamo, ma non ci avranno silenti!
Lottiamo da anni contro questo sistema capitalista che punta solo al profitto di pochi a discapito della salute e del benessere di tutti.
Hanno frammentato il lavoro, facendo in modo che organizzare le lotte fosse sempre più difficile, hanno creato divisioni tra poveri, in modo che il pensiero individualista prevalesse sul senso collettivo.
Ci vogliono chiusi in casa, ma non distruggeranno le reti che abbiamo creato in questi anni.
Torneremo nelle strade insieme al resto del movimento, per far sentire le nostre ragioni e se davvero qualcuno in questo periodo sta aprendo gli occhi, anche solo domandandosi che fine ha fatto la sanità pubblica, che si unisca al coro!

Le compagne e i compagni del Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos

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