Noi proviamo a immaginare come potrebbe essere.

Condividiamo dal Collettivo Di Fabbrica – Lavoratori Gkn Firenze

Verso il 26 Marzo

Verso il 26 Marzo

Noi proviamo a immaginare come potrebbe essere.

E’ una giornata di fine marzo. Potrebbe essere grigia e temporalesca o forse con un bel tepore primaverile.
Ci sono vicoli stretti, viali e piazze, di solito affollati dallo struscio turistico. Ci sono pullman che hanno appena parcheggiato e macchine che si sono messe in moto presto, mosse solo e soltanto dalla voglia di esserci.

L’ultima volta che abbiamo riempito queste strade era il 18 settembre. Mancavano pochi giorni ai nostri licenziamenti. Ma già allora vi avevamo detto che eravate lì non per noi, ma con noi. Non per i nostri problemi, ma con i vostri problemi.
Ora, che le lettere di licenziamento non ci sono più, ora che siamo solo dei banali, banalissimi, cassaintegrati, proprio ora ci siamo chiesti: che persone saremmo se non tornassimo a mobilitarci?

E non smobilitiamo per diverse ragioni. Primo perché non c’è fabbrica salva in un paese che non è salvo. E perché la vertenza non è conclusa.
Perchè nella singola fabbrica abbiamo ottenuto l’accordo sindacale migliore possibile nel contesto dato. Ma è il contesto che va cambiato.
Perché tante vertenze sono state bollite a fuoco lento, dall’ammortizzatore, dalla reindustrializzazione lenta, dall’attesa, dal calo di interesse. E noi continuiamo ostinatamente a dire: questa volta no.

Il 18 settembre volevamo fare iniziare prima l’autunno. E l’autunno c’è stato, con scuole in mobilitazione, scioperi generali, cortei a Roma. C’è stato ma non è bastato. E’ stato sufficiente ad aprire spiragli di cambiamento, non a realizzarlo.
Poi è arrivato il letargo invernale con la quarta ondata di Covid e il “bla bla” tossico e nocivo ci ha di nuovo sovrastati.
E ora c’è questo corteo che avanza in piena primavera. Con le sue imperfezioni, dubbi, debolezze. Con quel tarlo che ti mangia vivo: è andata sempre così, andrà sempre così, non cambierà mai niente.

E c’è uno striscione basso con scritto “Collettivo di fabbrica ” e il nome di una fabbrica che non esiste più o che forse esisterà per sempre.
E dietro arranca uno striscione che inizia a mostrare l’usura del tempo. 4 pali e una scritta bianca su sfondo rosso. Forse è un proposito, un auspicio o un obiettivo: Insorgiamo.
E se tendi l’orecchio il silenzio è già rotto da tamburi e cori. E poi il solito uso e abuso di fumogeni. Che viziaccio.
E c’è l’ansia della prestazione, la tensione del momento, la paura di non partire, e poi magari di non arrivare da nessuna parte. Ma si sta così abbracciati, così stretti che passa. Passa tutto. Perché il domani arriva sempre. Se migliore o peggiore lo decidiamo oggi. E non è poco avere il privilegio di poter contribuire a determinarlo.

E poi, c’è un magma di rivendicazioni, richieste, aspirazioni. C’è chi forse voleva solo una legge antidelocalizzazioni vera. Ed è venuto a reclamarla. Ci sono alcune delle aziende in crisi. Ci sono lavoratori e lavoratrici della sanità, del pubblico impiego, dei trasporti, della logistica, ma anche dello spettacolo, dell’informazione, dell’arte.
C’è chi non arriva in fondo al mese. C’è chi è precario da una vita. Ci sono reti ambientaliste, studenti, chi sostiene che lo sciopero generale e generalizzato sia un percorso che non si può arrestare. C’è chi reclama diritti civili, chi sociali. C’è che non si vede più nessun confine tra questi obiettivi.
Sono mille aspirazioni che prendono la consapevolezza che senza un cambiamento complessivo dei rapporti di forza siamo solo pura testimonianza.

E arrivati in fondo, al concentramento finale, la prima basilare esigenza è di fare un minuto di silenzio.
Un enorme minuto di silenzio. Per ripulirsi la testa. Per fare uscire narrazioni tossiche, parole nocive, luoghi comuni, concetti martellanti e ripetitivi. Un minuto di silenzio come a cercare un punto zero di un nuovo inizio.
Un punto zero che ufficializzi questo: non siamo lì per qualche emergenza particolare, per qualche ricorrenza particolare. Siamo lì per una unica grande urgenza di cambiamento, in un giorno qualsiasi e per tutti i giorni in cui ci siamo fatti vincere dalla passività.

Ecco, ci state chiedendo la piattaforma del 26 marzo, ci state chiedendo cosa succederà, chi indice, se sarà un corteo o cosa.
Non riteniamo di poter rispondere da soli a queste domande. Eppure proveremo a rispondere a tutto, a tempo debito. Ma innanzitutto e senza paura, se ce lo chiedete, vi diciamo che ce immaginiamo così.

Ma tutto questo avverrà solo come enorme processo di convergenza e responsabilizzazione collettiva. O non avverrà affatto.
#Insorgiamo

Teniamoci liberi per il 26Marzo. Ci vediamo a Firenze.
Stay tuned.

Collettivo Di Fabbrica - Lavoratori Gkn Firenze

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