Con l’introduzione e l’ormai sicura prossima estensione del green pass, vediamo ancora una volta il governo procedere sulla strada dell’incapacità di gestire la pandemia se non con misure coercitive e repressive. Il green pass, così come il lockdown, le zone rosse e il coprifuoco, colpisce e restringe in maniera significativa la libertà di movimento, di associazione, di ricreazione delle persone, ripercorrendo i passi fatti fin dai primi momenti dove l’azione di governo si è rivelata contraddittoria nella salvaguardia della salute pubblica, con misure e decreti legge volti più che altro a tutelare gli interessi del capitale e mantenere la produzione attiva. A questo punto non si tratta più di mera incapacità ma di una precisa volontà politica.
L’adozione di uno strumento amministrativo come surrogato dell’obbligo vaccinale non mostra appunto un’interesse per la salute pubblica ma al solito scarica sul singolo la responsabilità di un vaccino fino a poco tempo fa sperimentale tramite la firma obbligatoria del consenso informato, senza il quale non viene somministrata alcuna dose e non è possibile ottenere la carta verde. Lo stesso disinteresse viene mostrato anche attraverso i prezzi dei tamponi tenuti volutamente alti, la durata ridotta della validità del pass in caso di guarigione da covid, fino a certe dichiarazioni che vorrebbero negare le cure a chi è sprovvisto di certificazione.
Il governo Draghi, come quello di Conte, si autoassolve puntando esclusivamente sulla campagna vaccinale e paventando nuove chiusure, mentre poco o nulla viene fatto per cambiare strutturalmente quei settori chiave che, affiancando i vaccini, consentirebbero di gestire la pandemia in maniera più egualitaria e corrispondente ai bisogni dei proletari: sanità pubblica, scuola e trasporti.
Ricordiamo come negli ultimi decenni il sistema sanitario nazionale ha subito tagli e privatizzazioni indiscriminate con conseguente riduzione drastica dei presidi sanitari territoriali e posti letto negli ospedali, senza investire un euro in assunzione di personale né in acquisti di macchinari. L’istruzione pubblica non ha avuto una sorte migliore: gli edifici scolastici continuano a cadere a pezzi, le cosiddette classi pollaio continuano ad esistere (in aperta contraddizione con le attuali prescrizioni sanitarie) e le assunzioni del personale scolastico continuano ad essere insoddisfacenti, anzi si cerca di distogliere l’attenzione da questi problemi catalizzandola sul personale sprovvisto di green pass. Lo spauracchio anche qui è il ritorno alla dad (e ai suoi effetti drammatici di cui spesso abbiamo parlato e scritto). In università invece già adesso è possibile accedere, seguire lezioni e dare esami solo se muniti di certificazione verde, con un’evidente limitazione del diritto allo studio. Infine nulla è stato fatto neanche per mettere in sicurezza i trasporti ed è evidente come questi, anch’essi ormai quasi completamente privatizzati, siano ormai inadeguati alle reali esigenze dei cittadini e dei lavoratori e rappresentino invece un’opportunità di profitto e sfruttamento per le aziende private, con la complicità di comuni e amministrazioni pubbliche che svendono il loro patrimonio.
I comportamenti individuali sono nuovamente nell’occhio del ciclone (ricordate i “runner” e la “malamovida”?), additati e colpevolizzati e resi vittima di una campagna propagandistica messa in atto dal governo per screditare la (fasulla) libertà di scelta. Le limitazioni introdotte vanno a creare una divisione artificiosa tra le classi popolari e tra i lavoratori, con lo scopo di indebolire fin da subito l’opposizione allo sblocco dei licenziamenti, alla chiusura totale di alcuni stabilimenti, a questa gestione della crisi. A questo proposito è emblematica la vicenda delle mense dove ad un tratto queste vengono equiparate ai ristoranti, col risultato che nelle stesse aziende si va a dividere e a togliere spazi di aggregazione e socialità a lavoratori che fino ad un attimo prima hanno lavorato fianco a fianco nei reparti produttivi. Non a caso Confindustria spinge molto per l’introduzione completa del green pass nel mondo del lavoro nel tentativo evidente di dividere il fronte dei lavoratori e di spianarsi la strada per una probabile ristrutturazione senza precedenti. Particolarmente vergognoso è il fatto che ad insistere adesso sulla necessità di applicare l’obbligatorietà del green pass nei posti di lavoro sia proprio Confindustria e il suo presidente Bonomi, che ricordiamo viene da quella Confindustria Lombardia che durante il primo lockdown ha esercitato pressioni fortissime sulle istituzioni al fine di mantenere gli stabilimenti in produzione, con il risultato che tutti ricordiamo in Val Seriana e in tutta la regione lombarda: un’ecatombe di parecchie migliaia di morti.
Le contraddizioni di questa norma che nulla hanno a che fare con la salute pubblica però sono molte e si creano nei casi in cui il pass è obbligatorio ad esempio solo per alcune categorie di lavoratori, solo nei viaggi a lunga percorrenza (mentre probabilmente è proprio nei trasporti locali che si verificano più situazioni di forte assembramento) o solo ai tavoli e non ai banconi di bar, pub e ristoranti. Discutibile e contraddittoria continua ad essere la comunicazione pubblica che è stata fatta sulle esclusioni ed estensioni dell’utilizzo dei vaccini per varie categorie di persone, con salti in avanti e repentine marce indietro. Contraddittoria è la decisione di non pagare più la quarantena ai contatti dei casi positivi, addirittura con effetto retroattivo al 1 Gennaio di quest’anno. Di fatto quindi non solo la protezione dal virus è considerata risultato esclusivamente dei comportamenti individuali, ma diventa anche necessario avere mezzi economici sufficienti per sostenere periodi di isolamento e quarantena, con evidenti possibili ripercussioni sulla circolazione del virus stesso. Anche in questo aspetto si nota il carattere fortemente classista della sanità e della nostra società in generale.
Contraddittoria se non addirittura criminale è stata anche la gestione a livello internazionale: il fatto dei vaccini venduti all’asta al miglior offerente e di fatto negati a paesi meno ricchi (che rischiano di diventare giganteschi laboratori e focolai di varianti potenzialmente in grado di eludere la protezione sviluppata dall’azione vaccinale) è semplicemente inaccettabile. I contratti stipulati tra UE e cd “big pharma”, che hanno consentito a queste multinazionali di fare profitti stellari senza dover rispondere di alcun “effetto collaterale”, secretati e privi di penali in caso di mancate consegne, fanno gridare allo scandalo.
In questo scenario il dibattito viene schiacciato sensibilmente verso i due estremi: a favore o contrari ai vaccini, cercando così di escludere ogni giudizio critico e di opposizione, allineando chi si pone in antagonismo con questa gestione e questa politica classista ai deliri complottisti dei teoremi no-vax. Chi critica o si oppone a questa macelleria sociale, chi propone un’uscita a sinistra dalla crisi causata dalla pandemia, o viene completamente oscurato o buttato nel calderone dei negazionisti e degli sciamani.
Come scrivevamo pochi mesi fa, il rischio che ogni autunno, ad ogni inizio di ondata influenzale, si ritorni ad adottare le restrizioni, a colpevolizzare il singolo e a reprimere il dissenso, appare più che reale.
Rivendichiamo quindi il diritto ad una sanità pubblica efficiente e capillare sul territorio, all’abolizione dei brevetti nello sviluppo di farmaci e vaccini e a una loro produzione completamente pubblica escludendo categoricamente i soggetti privati e all’abolizione del green pass, strumento classista e repressivo.
Coerentemente con quanto scritto, alle nostre iniziative, che per adesso si svolgeranno all’aperto, non chiederemo il green pass, ma predisporremo dei banchini con strumenti di diagnosi e protezione (misura della temperatura, gel e mascherine) e chiederemo a tutti la massima responsabilità delle proprie azioni durante gli eventi.
I compagni e le compagne del Cantiere sociale Camilo Cienfuegos