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L’11 settembre 1973 il presidente della Repubblica del Cile, Salvador Allende, veniva vigliaccamente ucciso.
Appena eletto, nel 1970, intraprese un vastissimo programma di riforme per trasformare il Cile in un paese socialista: tutti i gangli del tessuto economico-sociale di interesse strategico vennero nazionalizzati, come ad esempio la produzione e distribuzione di energia elettrica, i trasporti ferroviari, aerei e marittimi, le telecomunicazioni, l’industria, le miniere, le aziende agricole e le banche.
Naturalmente niente di tutto questo poteva essere tollerato né dagli elementi reazionari cileni né dagli Stati Uniti.
Asserragliatosi nel palazzo presidenziale che fu fatto bombardare dall’aeronautica, resistendo eroicamente fino all’ultimo con il fucile in mano, trovò la morte il “compagno presidente”.
Poco prima di morire, e poco prima che il Cile piombasse nella barbarie di Pinochet, del clero e degli USA, Allende pronunciò un celebre discorso alla nazione, ed è con alcune di quelle parole che lo vogliamo ricordare:
“È possibile che ci annientino, ma il domani apparterrà al popolo, apparterrà ai lavoratori. L’umanità avanza verso la conquista di una vita migliore. […] Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore.”
“Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano”