In quei giorni d’aprile, in tutta Italia, si esprime la rabbia per la morte di Claudio Varalli, un compagno ucciso a Milano due giorni prima da un militante di Avanguardia Nazionale, e di Giannino Zibecchi, ucciso da un camion dei carabinieri.
Anche a Firenze, l’antifascismo sfila per le strade e l’obiettivo è chiaro: la sede del MSI in piazza Indipendenza. Iniziano dunque violenti scontri con la polizia schierata a protezione e si iniziano a vedere squadre di agenti in borghese che picchiano i partecipanti. Dopo le 23, a metà di via Nazionale, l’operaio dell’Enel e militante del PCI, Rodolfo Boschi, viene colpito da un proiettile sparato dall’agente Basile, il quale ferisce anche un altro compagno, Francesco Panichi.
Il Partito Comunista tenta subito di ricostruire la vicenda, addossando la colpa al ferito Panichi, e mette a tacere l’indignazione delle sezioni interne. Esce infatti un comunicato di condanna ai gruppi di “teppisti” e “provocatori” che hanno fatto versare il “sangue innocente di un giovane lavoratore”, auspicando che la polizia concentri il proprio operato contro i presunti provocatori, in modo da “impedire che si scavi un solco profondo tra i lavoratori fiorentini e le sue forze di polizia e si crei una contrapposizione”.
Il tentativo di infangare le figure di Panichi e di Boschi non passa però sotto silenzio: numerose sezioni del PCI si dissociano, Lotta Continua pubblica la smentita da parte di alcuni testimoni che, secondo i giornali, avevano visto Francesco armato. Il 20 aprile Francesco Panichi esce libero dall’ospedale e si dirige assieme ad altri testimoni all’interrogatorio circa la morte di Boschi: a fine giornata viene arrestato per tentato omicidio plurimo. Inoltre, nei giorni successivi, in occasione della manifestazione antifascista in p.zza Signoria, il PCI, che si erge a garante dell’ordine pubblico in città, viene duramente contestato.
CHI NON HA MEMORIA, NON HA FUTURO!
Firenze Antifascista