Crisi sanitaria o crisi del sistema?

Nelle ultime settimane e con il prolungarsi della crisi sanitaria causata dalla diffusione del Covid-19 il volto peggiore del sistema capitalista sta venendo a galla e ci sentiamo in dovere di riflettere sui risvolti socio-politici di questa crisi: sanità, lavoro, welfare della famiglia, casa e carceri.

I numerosi tagli alla sanità pubblica (37 miliardi solo negli ultimi 10 anni) hanno drasticamente ridotto il personale spesso esternalizzato, nonché peggiorato l’accessibilità e l’efficienza del SSN.
L’esempio eclatante è la regione Lombardia, che sta pagando un altissimo prezzo in vite umane al Covid-19, e che ha visto il suo ex governatore Formigoni condannato per corruzione nella gestione della sanità per un ammontare di 6 milioni di Euro provocando un conseguente danno erariale che è stato possibile quantificare in 47 milioni di Euro. Se teniamo conto che un ventilatore polmonare costa 17 mila Euro con i soldi che si son mangiati ne potevano comprare 3000 necessari a salvare vite umane.
Come più volte ci hanno ripetuto in questi giorni, le terapie intensive e in generale i servizi sanitari sono a rischio collasso, la mancanza di personale coinvolge tutti i livelli (medici, infermieri, operatori, logistica, pulizie). Per far fronte alle necessità le lavoratrici e i lavoratori sono costretti a turni massacranti, viene chiamato personale infermieristico dalle liste dei concorsi, richiamati medici già in pensione, spinti in corsia neolaureati in medicina senza specializzazione ed ancora più grave mancano dispositivi di protezioni individuale, macchinari, posti letto.
In tutto questo la sanità privata, che ha prosperato grazie a sovvenzioni statali ed assicurazioni private, è la grande assente e guarda alla crisi del sistema sanitario nazionale sognando nuove possibilità di profitto che spesso nascono in situazioni emergenziali.
È oramai evidente che si tratta in primis di emergenza della struttura sanitaria e non solo di emergenza Corona Virus.

In egual modo anche il mondo del lavoro è stato investito dalle conseguenze della crisi del sistema sanitario.
Dal governo Conte escono decreti per dirci di stare a casa, ma stretto nella morsa di Confindustria dichiara altresì che la produzione non si può fermare, che l’Italia non si può fermare, mettendo di fatto gli interessi economici privati davanti a quelli della salute pubblica e della salvaguardia di tutti noi.
I sindacati confederali avallano le scellerate posizione di Governo/Confindustria firmando un accordo in cui non solo non viene fermata la produzione di prodotti non di prima necessità ma che non prevede reali garanzie sulla salvaguardia della salute dei lavoratori.
Viene lasciata alle singole aziende la definizione di quale siano le procedure, i DPI e le tutele necessarie, senza che ci siano reali e risolutivi controlli, mentre declina le responsabilità alle RSU locali molte delle quali continuano a denunciare condizioni di lavoro non sicure. La risposta arriva però dalla base delle lavoratrici e i lavoratori, che in molti settori come quello metalmeccanico e della logistica, si sono organizzati in scioperi e proteste a difesa della salute non solo loro, ma delle loro famiglie e di tutta la comunità.

In una situazione di pandemia globale la soluzione per diminuire i contagi è una sola: chiusura di tutte le aziende che non si occupano dei servizi essenziali e reddito di quarantena per tutti i lavoratori. In una situazione di emergenza globale, vengano adottati i fondi di emergenza.
Non è ammissibile che da decreto si dia la possibilità di scalare ferie e permessi in misura maggiore rispetto a quello previsto dai contratti, di fatto scaricando la crisi economica sulle lavoratrici e i lavoratori. Né può essere considerato una misura dignitosa un incentivo una tantum di 100 Euro a chi rimane a lavoro per tutto il periodo di crisi … non è nemmeno una mancia, ma un insulto.

Da una parte ci dicono di stare a casa, dall’altra milioni di persone continuano ad andare a lavoro, prendere mezzi pubblici e stare a contatto tra di loro 8/9 ore al giorno; per poi tornare a casa dalle famiglie che, così come per le lavoratrici e i lavoratori in questione, si suppone siano immuni a sentire i discorsi di politici e padroni.
È assolutamente necessario garantire sicurezza per tutte le lavoratrici e i lavoratori dei servizi essenziali, ed una turnazione che ne consenta i necessari riposi. Diminuire le presenze nei settori di non primaria necessità vuol dire anche risparmiare dispositivi di protezione per chi ne ha reale bisogno, visto che al momento non bastano nemmeno a coprire l’esigenze del sanitario.

Il domino che si è scatenato con la crisi sanitaria non ha mancato di colpire un altro tassello fragile dello stato, quello che riguarda il welfare familiare. La decisione di chiudere le scuole ha costretto ad affidare i bambini ai nonni, per chi li ha in pensione, o a dover dar fondo alle ferie vista l’insufficienza dei congedi parentali che comunque prevedono una paga ridotta al 50%. In molti casi la precarietà del lavoro data da contratti altamente ricattabili (a chiamata, interinali, a tempo determinato, in cooperativa etc..) o all’assenza di contratti regolari ha portato all’impossibilità di assentarsi pena la perdita del lavoro.

Ci dicono di stare in casa, ma per chi una casa non ce l’ha non è previsto nessun aiuto. I centri che si occupano di distribuire pasti e aiuti sono chiusi o chi ancora opera è fortemente in difficoltà e succede anche che a Milano vengono denunciati senzatetto per non aver rispettato il decreto governativo. Ma se lo stare a casa è un dovere, vogliamo ricordare che è anche un diritto di tutti a prescindere da decreti o da crisi sanitarie.

Abbiamo visto degenerare la situazione nelle carceri; anche lì la situazione è ai limiti da anni. Il sovraffollamento è quasi strutturale, solo nel carcere di Sollicciano conta circa 800 detenuti su una capienza massima della metà, e ciò potrebbe portare ad una strage in caso di diffusione del Covid-19, lì dove in una cella vivono 7/8 persone, altro che rispettare la distanza di 1 metro gli uni dagli altri. Nessuna misura preventiva è stata adottata per migliorare le pessime condizione igienico-sanitarie che vengono denunciate o per limitare la possibilità di contagio tra detenuti garantendo spazi idonei. Sono stati invece privati del diritto alle visite familiari quando poi a Sollicciano è risultato positivo al tampone proprio un agente di custodia.
Le rivolte nate in diversi carceri sono state sedate a colpi di repressione che ha portato a 14 morti (9 a Modena, 3 a Rieti e 2 a Bologna). Morti velocemente derubricate ad overdosi da “abusi di sostanze sottratte nelle infermerie”, senza neanche uno sforzo di fantasia forti dell’impunità di altri e ben noti casi di abusi in divisa, pensiamo a Cucchi, Uva, Aldrovandi, Arafet.

Ci vogliono chiusi in casa, mentre si svolgono prove di militarizzazione delle città, con cortei di macchine di polizia sventolanti il tricolore a suon d’inno di Mameli, è successo in provincia di Salerno, roba da dittatura.
Ci vogliono chiusi in casa, dicevamo, ma non ci avranno silenti!
Lottiamo da anni contro questo sistema capitalista che punta solo al profitto di pochi a discapito della salute e del benessere di tutti.
Hanno frammentato il lavoro, facendo in modo che organizzare le lotte fosse sempre più difficile, hanno creato divisioni tra poveri, in modo che il pensiero individualista prevalesse sul senso collettivo.
Ci vogliono chiusi in casa, ma non distruggeranno le reti che abbiamo creato in questi anni.
Torneremo nelle strade insieme al resto del movimento, per far sentire le nostre ragioni e se davvero qualcuno in questo periodo sta aprendo gli occhi, anche solo domandandosi che fine ha fatto la sanità pubblica, che si unisca al coro!

Le compagne e i compagni del Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos

This entry was posted in Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos, comunicati. Bookmark the permalink.