Condividiamo dal Collettivo Di Fabbrica – Lavoratori Gkn Firenze
Tenetevi liberi. Più precisamente il 26 marzo.
A settembre un altro “tenetevi liberi” portò per le strade di Firenze un fiume di solidarietà e lotta.
Allora la data era dettata dalla controparte: era il 18 settembre e di lì a pochi giorni sarebbero scaduti i 75 giorni della procedura di licenziamento imposta da Melrose dopo la chiusura di GKN del 9 luglio.
Allora non c’era tempo. Ma proprio per queste ragioni c’era adrenalina, tanta da prendere una città di peso e spostarla su quei viali e fino al Piazzale.
Oggi invece ci siamo conquistati l’entrata in scena di una nuova controparte e il tempo si è d’improvviso dilatato. Ora il nuovo rischio è il lento logoramento della vertenza. Per questo non accetteremo nessuna soluzione finale per Gkn che non sia una chiara reindustrializzazione con il mantenimento dei livelli occupazionali. Senza questo esito finale, infatti, Melrose avrà comunque vinto. Spesso la cassa integrazione e i temporeggiamenti finiscono per fare evaporare una lotta. E noi torniamo a dire: questa volta no!
Il “tenetevi liberi” di marzo quindi è una data uguale ma diversa rispetto a quel 18 settembre.
È uguale perché discende sempre dalla stessa domanda: “voi come state?” Oggi come allora ci siamo mobilitati, non per una fabbrica, ma a fianco di una fabbrica, per il riscatto dei problemi di tutti.
È una data diversa però. Non è imposta dalla controparte. È una data nostra e questa è la sua forza. Il 26 marzo è il momento in cui, al di fuori di ogni ricorrenza, proviamo ad andare a prenderci il cambiamento. Lo facciamo con la convergenza dei movimenti di lotta, oltre ogni ritualità, con pieno protagonismo e autonomia. E questo è già di per sé qualcosa di nuovo.
Siamo ambiziosi. Saremo ambiziosi.
Quasi presuntuosi nel voler costruire qualcosa che resti e che superi la propria stessa data di scadenza. Saremo presuntuosi nel volare alto. Allo stesso tempo saremo umili nei rapporti e nelle relazioni che svilupperemo.
La prima caratteristica di una lotta reale è basarsi sull’ascolto.
La nostra lotta ha tenuto in vita una fabbrica. Ha disinnescato la bomba della delocalizzazione. Ha strappato il miglior accordo possibile con la nuova proprietà nelle condizioni date dai rapporti di forza esistenti. Ma rimane una lotta e una vertenza che si muove al pari di altre. Non abbiamo lezioni da dare a nessuno ma abbiamo un’esperienza da raccontare, un esempio da portare e voglia di ascoltarne tanti altri.
Oggi come allora abbiamo i nostri limiti, le nostre debolezza e le nostre fragilità. E vi chiediamo di portare le vostre. E solo così saremo invincibili.
In questi mesi, come prima cosa, abbiamo imparato che niente si costruisce a tavolino. Anche le forme organizzative di cui ci siamo dotati rispondono alle esigenze e agli obiettivi della lotta.
Per questo, dal 9 luglio, alla RSU, al Collettivo di fabbrica, all’organizzazione sindacale si sono aggiunte altre strutture, prima fra tutte l’assemblea permanente.
Poi Il Gruppo Turni, che ha presidiato la fabbrica assieme agli operai in tutti questi mesi.
Il Gruppo di Supporto che ha catalizzato l’attivismo di centinaia di solidali e da cui sono nati tutti gli altri livelli organizzativi.
Il Gruppo Propaganda che gestisce l’uscita di articoli, comunicati, locandine, manifesti e video.
L’Ufficio stampa che, in costante relazione con la RSU, gestisce i rapporti con i media su ogni livello.
La Segreteria tecnica che assieme al Collettivo mantiene i rapporti e organizza la solidarietà a livello
nazionale. Oggi abbiamo una nuova “ristretta”, più corposa della sua prima versione, che si muoverà come direttivo per organizzare il “tenetevi liberi” soprattutto a livello territoriale. Oggi le forme della nostra lotta guardano alla costruzione del 26 marzo: organizzare una data così vuol dire non sottovalutare alcun aspetto. Vuol dire provare ad essere ovunque, dalle palestre alle riunioni di condominio.
Mentre restiamo umili continueremo nella nostra presunzione di essere ciò che aiuta “il nuovo a nascere per soppiantare il vecchio” a cui non dobbiamo essere affezionati: se da una parte rappresenta quei pochi equilibri che ci tengono agganciati a qualcosa, sono pur sempre gli equilibri frutto di un esistente che dobbiamo non solo modificare, ma ribaltare.
Per queste ragioni noi non scriveremo una piattaforma complessiva. Non spetta a noi. O almeno, non spetta solo a noi.
Noi, al pari degli altri, scriveremo la parte che ci compete perché sta nelle nostre corde, sta nel nostro dibattito, è ciò che abbiamo affrontato e sviscerato in questi mesi. Scriveremo che questa è una manifestazione contro la precarietà, i licenziamenti, gli appalti, i morti sul lavoro, contro le delocalizzazioni, per riprenderci ciò che ci hanno tolto. Scriveremo che tutte le cause che hanno fatto partire le lettere di licenziamento in Gkn sono ancora in piedi e che non esiste una fabbrica salva mentre tutto il resto del mondo del lavoro arretra.
Altri, tutti gli altri, tutte le altre, chiunque vorrà, scriverà la propria parte di quella piattaforma. E lo farà con le parole e soprattutto con la presenza. Come ci ha detto un compagno disabile passato in questi giorni al presidio della fabbrica: “siamo troppo categorizzati. Dobbiamo unirci. Ma non c’è bisogno che scriviate “disabilità” sulla locandina per avere la nostra presenza in piazza. Noi ci saremo e ci saremo con la nostra lotta per l’assistenza e la sanità pubblica”.
E così sarà. Non scriveremo “scuola” perché si tengano liberi studenti, genitori, insegnanti e personale ATA. Non scriveremo “sanità” perché si tengano liberi infermieri e barellieri. Non scriveremo “ambiente” perché si tengano liberi i compagni e le compagne che si battono per la giustizia climatica. Non scriveremo “diritti civili” o “transfemminismo” perché si tengano libere tutte coloro che già scenderanno in strada l’8 marzo. Non scriveremo “repressione” o “lotta alla sorveglianza speciale” perché in piazza si manifesti la solidarietà. Non scriveremo “antifascismo” perché gli antifascisti si mobilitino.
Non lo scriveremo perché lo scriverete voi. Se lo facessimo noi finiremmo per renderli puri slogan ripetitivi, mentre abbiamo conosciuto la vostra capacità di elaborare rivendicazioni, soluzioni, di padroneggiare fin nei minimi dettagli le vostre aspirazioni e i vostri obiettivi. Abbiamo conosciuto la classe dirigente di quel “nuovo” ancora tutto da conquistare.
Di data in data, di incontro in incontro, di assemblea in assemblea, proveremo ad incontrarci, a confrontarci, a conoscerci prima e a mettere ognuno la sua parola d’ordine in quella che sarà la piattaforma scritta a mille mani e mille teste che ci porterà in strada insieme.
Solo così il 26 marzo non sarà pura sommatoria o coincidenza, ma sarà convergenza.
Sarà l’apertura di un nuovo spiraglio, forse più grande, attraverso cui si possa provare ad osare, a mettere in discussione i rapporti di forza tra le classi che oggi sono così squilibrati e pesano così tanto sulle spalle della classe lavoratrice in questo paese.
Questa è una data in cui vi chiamiamo a farvi pura volontà. Protagonismo allo stato puro. Il 26 marzo sarà un processo di enorme responsabilizzazione collettiva o non sarà affatto. Responsabilizzazione nel convergere, nel preparare, nel mobilitare e nel prenderci cura gli uni degli altri, di prenderci cura di questo fragile spiraglio che abbiamo aperto. Prima che si richiuda, prima che svanisca.
Questa volta non c’è la fretta delle lettere di licenziamento. C’è la fretta del cambiamento. La fretta di uscire dal minoritarismo.
Noi non siamo concentrati su quella data ma sui giorni, tutti i singoli giorni, che ci separano da essa. Perché ogni giorno è buono per un incontro, un’iniziativa, un’assemblea, un presidio, una manifestazione. E noi speriamo che questi giorni siamo pieni di appuntamenti come questi. Alcuni saranno organizzati da noi. Anzi facciamo appello a contattarci e a fissare in ogni città una data dell’Insorgiamo tour. Ad altri appuntamenti saremo invitati. In certe occasioni ci presenteremo. In molti casi auspichiamo che ciò accada al di fuori di noi, della nostra presenza o consapevolezza di quel momento.
Ciò starebbe a significare che “il tenetevi liberi” inizia a diventare così come ce lo stiamo immaginando: pura volontà collettiva.
INSORGIAMO!