Dallo scorso lunedì, molte pensiline delle fermate dell’autobus di Firenze espongono un semplice messaggio: l’Apartheid è un crimine contro l’umanità. Questo sistema di discriminazione e segregazione fu, come tutti sanno, in vigore in Sudafrica fra il 1948 e il 1991, quando la lunga lotta per la liberazione guidata da Nelson Mandela portò alla sua abrogazione, anche grazie alla mobilitazione internazionale.
Ma c’è un altro paese in cui questo sistema è tuttora in vigore: Israele. E non da oggi. Precisamente dal 1948.
Questo sistema disumano di oppressione e dominazione sulle e sui palestinesi in tutte le aree sotto il controllo israeliano viene denunciato da decenni dalle associazioni della società civile palestinese, che ne vive le conseguenze sulla propria pelle.
Tutti i Relatori Speciali delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati che si sono succeduti dal 1993 hanno documentato e denunciato le pratiche di pulizia etnica, apartheid ed espansione coloniale praticate da Israele. Ricordiamo in particolare i rapporti dei relatori Richard Falk (2010) e Michael Lynk (2021), e la recente audizione alla Commissione Esteri della Camera dell’attuale relatrice Francesca Albanese.
Negli ultimi due anni, l’evidenza del crimine di apartheid è stata investigata, riconosciuta e denunciata anche, una dopo l’altra, da tutte le principali associazioni per la difesa dei diritti umani del mondo occidentale, incluse quelle israeliane.
Gli annunci sulle pensiline citano il recente dettagliato rapporto di Amnesty International, organizzazione che ha anche contribuito alla campagna. I rapporti delle israeliane B’tselem (2021) e Yesh Din (2020) e quello di Human Rights Watch (2020) hanno raggiunto conclusioni simili.
Come dimostrato su solide basi giuridiche in questi rapporti, l’evidenza del crimine di apartheid è un dato di fatto e non un’opinione politica. E non riguarda solo i territori occupati nel 1967 dall’esercito israeliano, ma tutti i territori controllati da Israele, dove vige, secondo il rapporto di B’tselem, “un regime di supremazia ebraica dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo”.
È il momento che la società civile, in Italia e nel mondo occidentale, ne prenda atto, e che le nostre istituzioni politiche escano dalla loro aurea di complice indifferenza ed ipocrisia.
La campagna è un’iniziativa di
RETE FIRENZE PER LA PALESTINA
a cui aderiscono:
Anpi, Sezione Potente
Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus
Assopace Palestina
Cantiere sociale Camilo Cienfuegos
Comunità delle Piagge
Comunità palestinese di Firenze
Cospe
Partito Comunista dei Lavoratori
Partito dei CARC
Rifondazione comunista
oltre al contributo di singoli attivisti
e di Amnesty International Italia