Condividiamo dal Collettivo Di Fabbrica – Lavoratori Gkn Firenze
Siamo in cassa integrazione dal 17 gennaio. Tra un po’ saranno 5 mesi. Abbiamo firmato la prima cassa integrazione di 10 settimane dopo l’accordo quadro del 19 gennaio. Non abbiamo invece firmato i rinnovi successivi della cassa, per la mancanza di chiarezza e per come ci sono stati posti all’ultimo minuto. Parlare di proroghe “urgenti” di cassa integrazione in una fabbrica ferma dal 9 luglio è uno scherzo di cattivo gusto.
Vogliamo prendere tempo di cassa, non che il tempo di cassa prenda noi. Per questo la cassa integrazione deve essere accompagnata a obiettivi ben precisi, non può essere un obiettivo in sé.
Ci siamo sempre chiesti come fosse possibile che alcune vertenze fossero sepolte in anni e anni di cassa integrazione, mentre dall’esterno l’opinione pubblica perdeva interesse e chiarezza su cosa stesse accadendo.
Ecco, ora ci siamo nel mezzo e lo possiamo raccontare.
1. Ricordiamolo, con una politica industriale pubblica la cassa integrazione lunga sarebbe stata forse evitabile.
La fabbrica Gkn di Firenze è tutt’oggi una fabbrica integra di semiassi. Nel momento in cui siamo stati “espulsi” dalla filiera produttiva della multinazionale, l’unica filiera alternativa poteva essere pubblica, attraverso un polo pubblico della mobilità sostenibile. Ora invece, siamo in attesa di una reindustrializzazione “privata” che trasformerà prima la fabbrica in uno scatolone vuoto e dopo porterà altre macchine e altre produzioni. Il gioco dello scatolone vuoto necessiterà di tanta cassa integrazione
2. L’ammortizzatore sociale, lo dice il termine, “ammortizza”. Può servire ad ammortizzare la mancanza di lavoro ma anche ad ammortizzare la lotta, le menti, la volontà.
L’ammortizzatore ti intrappola in un tempo dove tutti i giorni sono uguali. Ma non lo sono. Le svolte arrivano improvvise. Vieni cullato in giorni dove non accade nulla e improvvisamente vieni convocato a qualche tavolo dove, se ci arriva addormentato e rassegnato, firmi la tua fine senza nemmeno accorgertene.
3. L’ammortizzatore ti intrappola in una condizione economica dove “chi si accontenta, gode”. In fondo non sei disoccupato ma non hai uno stipendio pieno. In fondo, in fondo, sei un disoccupato potenziale ma che ha ancora un contratto e una forma di sussistenza. Chi sopravvive a lunghi periodi di cassa integrazione lo fa di solito perché non riesce a ricollocarsi sul mercato del lavoro o perché ha rimodulato le proprie esigenze economiche, abituandosi a una lenta discesa nella scala sociale. Se stai anni in cassa integrazione, dopo un po’ non concepirai altro obiettivo che ottenere altri anni di cassa integrazione.
4. Invece di vigilare sull’effettivo scopo della cassa integrazione, quando vogliono, aziende e istituzioni ti trascinano lentamente all’assuefazione da ammortizzatore. A distanza di mesi arrivano degli incontri, dove in poche ore non di discute di nulla salvo il rinnovo della cassa integrazione stessa. Fino a che tu stesso, non riesci a concepire altro obiettivo: rinnovare la cassa. Negli anni le persone attorno ti iniziano a considerare un mantenuto e la solidarietà verso la tua condizione viene lentamente erosa.
Lo scorso 31 maggio siamo arrivati a un incontro che doveva essere sugli investitori e ci siamo trovati a un incontro dove l’azienda ha provato a forzare 24 mesi di cassa di transizione.
5. Grazie alla nostra forza sindacale e di mobilitazione, non abbiamo mai firmato una cassa integrazione che non prevedesse l’anticipo da parte dell’azienda, una integrazione da parte dell’azienda, la maturazione di ratei e differite (permessi, ferie ecc). Per noi questa è norma. Sappiamo invece che è diventata l’eccezione.
E’ vergognoso che si permettano casse integrazioni dove le aziende non anticipano la cassa e non la integrano. La cassa integrazione non è un regalo ai lavoratori ma uno strumento principalmente dell’azienda. Grazie alla cassa integrazione, l’azienda viene sollevata dai propri obblighi nel pagamento degli stipendi.
6. Oggi noi prendiamo in cassa integrazione – grazie alla nostra forza di mobiltazione – più di quanto prendono di salario 3 milioni di lavoratori in questo paese. Ma questo purtroppo non vuol dire che noi stiamo bene. Vuol dire che la nostra classe sta male. E’ ridotta a fare la fame, pur lavorando.
7. Infine, la beffa. La nostra attuale proprietà, la stessa che firmerebbe oggi ad occhi chiusi 24 mesi di cassa di transizione, ha preso posizione attiva di fatto nella campagna contro il reddito di cittadinanza.
Perché così funzione: se la cassa integrazione solleva l’azienda dalle proprie uscite, in attesa del rientro del lavoro, è una misura sacrosanta. Se il reddito di cittadinanza allevia le spese di un disoccupato in attesa che possa tornare a lavorare e a farlo per uno stipendio adeguato, allora diventa una misura di sostegno ai nullafacenti.
8. L’idea che il reddito di cittadinanza (500 euro…) faccia concorrenza ai salari, inibendo la ricerca di lavoro dice quale sia la condizione dei salari italiani. Ma oltre ad essere un’idea grottesca, è anche falsa. C’è semmai un fenomeno che sta attraversando tutti i paesi cosiddetti occidentali, chiamato “le grandi dimissioni” o “la grande fuga”. Le condizioni di lavoro sono diventate così poco convenienti, alla luce della salute e dello stress, della connettività totale, del salario da fame, dei ritmi di lavoro forsennati, del tempo libero negato, che il lavoro appena ti permette di sopravvivere. E allora, sopravvivere per sopravvivere, meglio farlo permettendosi forme di dimissioni volontarie e di selezionare l’offerta di lavoro.
9. Siamo da 5 mesi in cassa integrazione. 5 mesi di cassa non passano mai e passano in fretta. Siete stati bravi a portarci fin qua, in questo nuovo calcolo. Bravi, proprio bravi.
Incontro il 24 marzo, il 31 marzo, il 20 aprile, il 27 aprile, il 31 maggio: una telenovela di incontri che rimandano ad altri incontri. Il Mise a un certo punto è sparito. Come in una cattiva telenovela, dopo un po’ annoia e se ti perdi qualche puntata, nemmeno più ne capisci la trama. Sfumiamo lentamente da una lotta di dignità alla solita “storia all’italiana”.
10. L’ultimo step che è stato indicato è un non ben definito closing a luglio. E qua lo aspettiamo. Qua, con l’assemblea permanente e con i nostri corpi. Ci potete denunciare, sgomberare, caricare, calunniare. E per quanto tanti soggetti che hanno fatto le passerelle di fronte a questi cancelli, oggi facciano finta di non saperlo: siamo qua. E qua restiamo. Padroni di niente e servi di nessuno, ingenui e determinati, brutti come pochi, belli come i molti quando si coalizzano, scontrosi e accoglienti.
E allora, stasera assemblea generale del gruppo di supporto al presidio (h 20.30) e il 9 luglio tutte e tutti fuori dalla Gkn. A cantare a squarciagola, ubriachi di dignità. Perché andrà come andrà, su questo cancello lor signori hanno preso una musata grossa. Ma grossa, grossa.
#insorgiamo