È il 22 maggio 1942, un giovane jugoslavo si avvicina al patibolo: il suo nome è Stjepan Filipovic, un ragazzo di 26 anni, operaio, partigiano e jugoslavo.
Era nato in una famiglia operaia, trasferitasi dalla Croazia alla Serbia per cercare lavoro nell’industria bellica, in quel periodo particolarmente fiorente. Nel 1937 si unisce al movimento dei lavoratori, iniziando ad adottare i principi del comunismo, per poi essere arrestato per le sue idee nel ’39. Uscito di prigione, con una convinzione più forte che mai, entra nella Lega dei Comunisti della Jugoslavia, e dopo l’occupazione del suo paese natio imbraccia le armi e si da alla macchia diventando partigiano.
Nel 1942 però, viene catturato: mentre viene portato al patibolo dai suoi aguzzini nazifascisti, i quali speravano in una scena pietosa da parte del partigiano titino, ormai vicino alla morte, Stjepan alza le braccia e urla un detto comunemente usato dai partigiani jugoslavi: Smrt fašizmu, sloboda narodu!” (morte al fascismo, libertà al popolo!).
Presto Stjepan divenne un simbolo, era uno dei tanti giovani che aveva dato la vita per far sparire il Fascismo dalla faccia della terra: un’ideologia che aveva devastato il suo paese, oppresso i suoi coetanei, amici e parenti. È nostro dovere ricordare tutti i partigiani e solidali che come Stjepan hanno dato tutto, con ogni mezzo necessario, per cacciare il fascismo nell’oblio, nella speranza di vedere un avvenire diverso, dove uguaglianza e giustizia sociale trionferanno.
Firenze Antifascista