L’emergenza sanitaria del Covid 19 e la conseguente quarantena forzata ci impone analisi e azione.
L’Italia è nel mondo il paese più colpito dal virus Sars-Cov-2 tanto che i decessi sfiorano i 15000 in poche settimane, molti dei quali non censiti come quelli nelle residenze protette (Rsa).
1) La sottovalutazione del problema
Nonostante in Cina già da settimane il virus stesse già facendo migliaia di morti, le autorità italiane hanno scelto di ignorare il pericolo, per non mettere in crisi il sistema economico nazionale che, sul modello capitalista, non può permettersi di fermarsi. Di fatto quando l’epidemia in Italia è esplosa, il virus circolava indisturbato ormai da mesi.
2) Gli errori nella gestione della emergenza
Confindustria e le oligarchie economiche che controllano le istituzioni di questo paese, hanno imposto cautela nel blocco della produzione per evitare danni ai propri profitti, mettendo in secondo piano la salute di lavoratori e cittadini. Inoltre per molte settimane i trasporti, anche a lunga percorrenza, hanno continuato a circolare a pieno regime, consentendo ai virus di spandersi rapidamente.
Il successivo decreto di chiusura delle attività produttive “non essenziali” ha in realtà lasciato aperte oltre 80 categorie produttive, molte più di quelle davvero indispensabili alla filiera alimentare o al servizio sanitario e parallelamente si sono ristrette sempre di più le libertà personali dei cittadini, quasi a compensare la mancata chiusura delle fabbriche, una compensazione inefficace, visto il forte incremento di contagi e decessi.
Caotiche anche le indicazioni sui dispositivi di protezione, infatti si è continuato a sostenere che non erano necessarie mascherine per gli asintomatici, mentre è oggi evidente che sono molti gli asintomatici positivi al virus e veicoli di contagio.
Anche la politica dei tamponi è state gestita in maniera schizofrenica e disordinata tanto da distruggere ogni possibilità di analisi e di intervento degli epidemiologi in campo.
3) Le mancate tutele dei lavoratori
È subito apparso chiaro che la tutela del sistema economico avrebbe valso più delle vite umane.
La chiusura delle grandi aziende è stata tardiva e parziale e la distribuzione dei dispositivi di protezione ai lavoratori inesistente o inadeguata, tale atteggiamento sprezzante ha prodotto una ondata di protesta e di scioperi che però il Governo ha vietato per molte categorie di lavoratori.
La stessa gestione ospedaliera della emergenza, per la carenza di Dpi adeguati e per protocolli operativi evidentemente non idonei a proteggere il personale in servizio, ha generato una mattanza vergognosa di medici e infermieri che urla giustizia.
Vergognoso in questo contesto quanto previsto dall’art 15 e 16 del decreto “Cura Italia” che ha sdoganato senza alcun fondamento scientifico l’utilizzo per i lavoratori, delle banali mascherine chirurgiche, equiparandole a Dpi, pur essendo noto che solo le mascherine Fpp2 e Fpp3 bloccano le microparticelle del Virus; ciò ha causato soprattutto in ambito sanitario un altissimo tasso di contagi.
Come se non bastasse in base all’art.7 del decreto “io sto a casa” gli operatori sanitari che sono venuti a contatto con soggetti sicuramente positivi al Coronavirus devono continuare a lavorare, senza previsione di quarantena.
4) Lo smantellamento del Sistema Sanitario Nazionale
L’emergenza Coronavirus ha messo in evidenza i limiti di un sistema sanitario che si vantava di essere uno dei migliori del mondo e si è accanita in una regione come quella Lombarda dove il processo di privatizzazione della sanità è più avanzato e dove la carenza di personale sanitario e di attrezzature, in primis i i respiratori, sono stati causa di molti decessi.
Ha evidenziato anche l’esistenza di sistemi sanitari e normative differenziate nelle varie regioni, nonostante per fortuna ancora non sia passata l’autonomia differenziata che a maggior ragione dovremo combattere.
Di fatto, in Italia nella approvazione generale delle forze politiche di maggioranza e opposizione, il Sistema Sanitario Pubblico è stato smantellato, in conseguenza delle politiche europee di austerità a cui l’Italia si è adeguata. Negli ultimi 10 anni il fondo sanitario ha visto 37 miliardi in meno, il numero di ospedali è diminuito da circa 1.200 a circa 1.000, con una diminuzione di posti letto da circa 225 mila a circa 191 mila e con 8mila medici e 13mila infermieri in meno; personale che adesso il Ssn si sta affannando di recuperare, persino con pensionati senza considerare gli alti rischi di salute per questa fascia di età, nel reintrodurli in ambienti contaminati.
Sempre in dieci anni, il settore dei medici di famiglia ha subito una riduzione del 6,8% e le guardie mediche sono state ridotte del 10%. L’Italia spende per il Servizio Sanitario Nazionale circa il 6% del Pil, questa percentuale è inferiore di 3 punti percentuali rispetto a quel che spendono Germania (9,6%) e Francia (9,5%). In Italia il numero di posti letto ospedalieri per numero di abitanti è tra i più bassi d’Europa, 3,2 posti letto ogni 1000 abitanti, contro i 5 ogni 1000 della media europea.
È anche inaccettabile che di fronte a una pandemia annunciata da anni, il sistema non disponesse di una degna riserva di dispositivi Dpi e di strumenti medicali adeguati.
Nel contempo ingenti risorse sono state deviate dal sistema sanitario pubblico a quello privato (che ben poco sta contribuendo ad affrontare la pandemia), non solo in termini di sovvenzioni e convenzioni per prestazioni specialistiche ambulatoriali ma anche per la delega di interi servizi, come la lungo degenza per gli anziani e l’assistenza dei pazienti psichiatrici.
Da sottolineare che nelle strutture private a fronte di guadagni enormi si registrano invece i peggiori casi di sfruttamento di lavoratori, sopratutto per l’uso indiscriminato di appalti e cooperative al massimo ribasso, pratica in via di diffusione anche nel sistema pubblico.
Anche gli immensi capitali riversatesi su welfare aziendale e sanità integrativa privata, grazie ad accordi tra politica, aziende e sindacati gialli, stanno depredato il sistema nazionale di risorse vitali.
5) La Questione Sociale
Qualunque sia l’evoluzione della pandemia, questa vicenda lascerà dietro di sé enormi macerie sia a livello umano che sociale ed economico.
Le migliaia di morti, lasceranno un vuoto incolmabile nella coscienza dei loro cari e in intere comunità a cui la pandemia ha tolto persino le onorificenze dei sepolcri, un costume millenario stampato nel nostro Dna.
Ma il vero dramma sociale si materializzerà per tante famiglie con la sopraggiunta crisi economica, molti settori sono infatti in ginocchio con il rischio di fallimenti di interi comparti, in un sistema in cui, dopo anni di leggi e accordi a favore dei padroni, sono tante le figure lavorative senza tutele né diritti, che si aggiungono ad un ampio mondo sommerso di disoccupati e “lavoratori a giornata”, spesso a nero, che già prima della emergenza a fatica sbarcavano il lunario.
In questa situazione non è tollerabile che i bonus previsti dagli ultimi decreti per le situazioni di indigenza debbano passare dal filtro burocratico dei Comuni, questo meccanismo farraginoso, anche per la carenza di assistenti sociali e per la parzialità del loro intervento, renderà impraticabile per molte persone in difficoltà, accedere agli spiccioli elargiti dal Governo, comunque elemosine inadeguate come dimostrano le esplosioni sociali già verificatesi, con il tentativo di assalto ai supermercati per il cibo; proteste represse con cinico rigore poliziesco.
È quindi necessario un reddito di quarantena e di emergenza per tutti, sufficiente ed adeguato a vivere (non a sopravvivere), obiettivo per il quale la mobilitazione sociale continuerà a organizzarsi e rafforzarsi.
Nondimeno le previste Cig per i lavoratori delle aziende chiuse, dovrebbero corrispondere l’adeguamento dello stipendio normalmente riscosso e non solo un parte di esso.
Peraltro i capitalisti, anche in Italia, hanno speculato, arricchendosi per decenni, sfruttando lavoratori e territori, persino in questa crisi c’è chi ha fatto affari d’oro, come i giganti del web, le aziende di telecomunicazioni, le aziende farmaceutiche e cosmetiche, le strutture sanitarie private che con il decreto “cura Italia” ha perfino visto incrementare contratti e guadagni.
Siano dunque speculatori e magnati a pagare i costi della crisi. La prima essenziale rivendicazione è dunque una tassa sui grandi patrimoni e sui grandi volumi di affari, unico modo concreto per socializzare le perdite e redistribuire le ricchezze; altrimenti i richiami alla solidarietà diffusa e al sentimento nazionale sentiti fino alla noia, saranno ancora una volta esche per le allodole, che non accetteremo.
Parallelamente è giusto citare la protesta esplosa nelle carceri italiane contro le condizioni indegne di sovraffollamento e di scarsa igiene, ribellioni represse in diversi casi nel sangue, come nel caso emblematico del carcere di Modena.
Anche sul diritto di sciopero stigmatizziamo l’atteggiamento del Governo, che dall’inizio dell’emergenza ha esercitato pressioni e divieti nei confronti delle proteste dei lavoratori. La pandemia non ha cancellato ma anzi aggraverà le tante crisi industriali di questo paese e non può essere negato ai lavoratori il diritto di lottare e scioperare per difendere il proprio futuro.
Addirittura nei servizi cosiddetti essenziali soggetti alla legge 146/90, si impedisce la possibilità di scioperare fino al 30 aprile, impedendo anche di protestare per le mancate tutele in relazione al Coronavirus e alla scarsa protezione nei posto di lavoro.
Vigileremo perché tale atteggiamento liberticida non si trasformi a regime in ulteriore attacco al diritto di sciopero, già fortemente limitato nel nostro paese.
6) L’EMERGENZA IN TOSCANA
Ad oggi in Toscana dall’inizio dell’emergenza si registrano oltre 4000 contagi, di cui circa 300 in terapia intensiva e oltre 240 morti tra cui anche persone di giovane età, sono invece oltre 14.000 le persone in isolamento domiciliare in tutta la regione.
La circostanza critica fa emergere anche nella nostra regione i tagli colpevoli del sistema sanitario pubblico operati negli anni. la Toscana guida la classifica delle regioni che hanno tagliato le strutture ospedaliere, in poco meno di dieci anni sono scomparsi oltre 50 ospedali centinaia di posti letto e di personale sanitario.
Nel panorama italiano la Toscana ha oggi uno dei più bassi rapporti abitanti/posti letto, meno di 3 per mille abitanti; posti letto che adesso si sta cercando di reintegrare tramite l’istituzione di alberghi sanitari in convenzione con strutture turistiche, soluzioni chiaramente temporanee e non strutturali.
Parallelamente ai tagli va citata, anche in Toscana, una crescita costante della sanità privata, un trend agevolato anche da fondi sanitari aziendali e integrativi (spesso di gestione politico sindacale), di cui usufruisce la sanità privata e non il sistema pubblico.
La sanità privata in Toscana conta 3.000 dipendenti, ben il 6% dell’intero settore. la Regione Toscana ha pagato nel 2019 le strutture private accreditate quasi il 4% della spesa totale cioè circa 270 milioni di euro. Nella spesa ospedaliera della regione, i privati pesano il 13,5% del totale e coprono il 14% dei posti letti complessivi, cifre significative anche considerando l’alto numero di Rsa private. Non bisogna nemmeno dimenticare che la Toscana sta pagando a GESAT (prima gruppo Ansaldi e Pizzarotti e poi fondo di investimento inglese Equitix) per 20 anni, dal 2013 fino al 2033, 36 milioni di euro di canone per la costruzione in project financing dei 4 nuovi ospedali di Prato, Pistoia, Massa, Lucca.
La attuale emergenza da Coronavirus ha per di più determinato proteste del personale sanitario ospedaliero, per la insufficienza di dispositivi di protezione adeguati. In tale situazione è paradossale che con un ordinanza del 25 marzo la Regione abbia deciso di assegnare i Dpi più efficaci, gli Ffp3, soltanto al personale sanitario delle terapie intensive e nei reparti Covid ma non al personale di pronto soccorso, dei laboratori analisi o del 118, che sono comunque tra i lavoratori più esposti; inoltre solo adesso, dopo molte resistenze iniziali si sta iniziando a effettuare i tamponi per il personale sanitario.
In generale le tutele per i lavoratori della nostra regione anche degli altri settori sono tutt’altro che adeguate e molte sono state le vertenze per la mancanza di Dpi e di istruzioni per difendersi dal virus, questo in un quadro generale in cui aziende e istituzioni toscane hanno accettato con lentezza e dissapore la necessità di restrizioni sulle attività produttive.
Del resto da un punto di vista economico l’emergenza colpisce duramente tutti i settori, tra i più colpiti ci sono il turismo, (con tutto ciò che significa per una città come Firenze in termini di indotto) il settore alberghiero, il commercio, lallestimento standistico, il ricreativo culturale, i trasporti, il manifatturiero. Una situazione drammatica in cui sono già molte le famiglie in sofferenza e rispetto alla quale le istituzioni pubbliche sanno solo fare appello alle banche, a dimostrazione dei limiti enormi e del cinismo di un sistema economico finanziario che consente la sopravvivenza delle persone salvo incidenti di percorso.
Una crisi sistemica grave che rischierà di gettare nel bacino degli indigenti tantissimi cittadini che con fatica mantenevano già prima a stento le proprie attività lavorative, che si aggiungono a disoccupati, precari, lavoratori degli appalti, apprendisti, partite Iva e tante altre categorie a rischio.
Da sottolineare che da sempre in Toscana, le difficoltà lavorative ed economiche vanno di pari passo con l’enorme problema dell’accesso alla Casa. Difatti in una città con costi degli affitti tra i più alti di Italia, sono tante le famiglie costrette a situazioni di inadempienza e occupazione, per le quali, solo grazie alla mobilitazione delle organizzazioni impegnate, è stato possibile ottenere un blocco degli sfratti tuttavia solo momentaneo, che lotteremo per rendere strutturale.
In tale situazione drammatica dobbiamo preoccuparci anche delle situazioni di crisi industriale già in essere come la Bekaert, la Piaggio, la Gkn, la Lucchini, la Continental, solo per citarne alcune: situazioni in cui i lavoratori si aspettano risposte concrete da ammortizzatori sociali e rilanci industriali che nel caos generale rischiano di passare in secondo piano, evento che non sarebbe ammissibile.
Infine sulla Scuola e sulla sospensione delle lezioni in aula, va detto che non può essere riversato sulle famiglie il peso economico della didattica on line, sopratutto in termini di contratti internet e strumenti tecnici; è inoltre urgente attivare le adeguate misure di sostegno per gli studenti che lo necessitano, in particolare per quelli certificati.
In ogni caso vista la particolarità dell’anno scolastico è opportuna una moratoria delle bocciature per tutti gli studenti delle scuole medie e superiori e lo stralcio, almeno dei mesi di emergenza, delle le tasse universitarie per l’anno 2020.
7) La Lotta, verso il Primo Maggio
Adesso più che mai la lotta per la salute passa anche per il diritto al lavoro e per i diritti sul lavoro. La pausa nelle vertenze e nelle mobilitazioni imposta dalla quarantena è per noi solo un modo per recuperare energie e ritornare presto, con vigore, a organizzarci per rivendicare diritti e dignità per tutte le donne e gli uomini anche di questa città. Lo faremo in modo coeso e solidale in nome della uguaglianza e della giustizia sociale.
A Firenze già molte organizzazioni progressiste e antagoniste si sono riunite in un percorso organizzativo che troverà la sua sintesi nella “giornata internazionale per il lavoro e per i diritti di lavoratrici e lavoratori” del Primo Maggio, promossa dai sindacati di base di Firenze.
Una giornata in cui urleremo anche il diritto alla salute, alla sanità pubblica, alla sicurezza sul lavoro, alla casa e allo studio. Una giornata nel risveglio della coscienza di classe, contro lo sfruttamento e la speculazione capitalista; una giornata antifascista e femminista e contro l’imperialismo con il suo corredo di sfruttamento e guerre.
Il Primo Maggio sarà anche sintesi delle mobilitazioni per l’ambiente e la difesa del territorio che a Firenze si sono caratterizzate per le battaglie contro il progetto di Inceneritore nella piana fiorentina, contro l’ampliamento dell’Aeroporto di Peretola, contro il progetto di Tunnel Tav e della Stazione Alta Velocità ma anche a sostegno delle mobilitazioni studentesche del Fridays For Futures.
Intendiamo costruire un nuovo percorso cittadino solidale e combattivo per riconquistare un futuro di dignità e diritti.
Firenze, 3 Aprile 2020
Primi firmatari:
Cub Firenze
Cobas Firenze
Usb Firenze
Usi Cit Firenze
Cobas Sanità Università e Ricerca
Adesioni:
Collettivo 13 Rosso Firenze
Fronte di Lotta No Austerity
Assemblea Beni Comuni Diritti
Comitato provinciale Firenze Pmli
Partito della Rifondazione Comunista-Firenze
Movimento di Lotta per la Casa di Firenze
Collettivo di Unità Anticapitalista di Firenze
Collettivo Bujanov
Lotta Continua Firenze
Sergio Falcone, attivista politico, Roma.
Cantiere sociale Camilo Cienfuegos