25 Aprile 2025 Valibona

Qualche scatto del nostro 25 Aprile a Valibona, nonostante il tempo incerto, molto partecipato in occasione degli 80 anni dalla liberazione dal nazifascismo.
Un ringraziamento ad Alberto Mari che ci ha parlato della resistenza di oggi in Palestina e al Menestrello che ci ha accompagnato con la sua chitarra e i suoi stornelli.
Sotto un estratto di uno degli interventi fatti durante l’iniziativa.
“Diciamo sempre che per noi, al di là di ogni retorica, il 25 Aprile è fondamentale non solo per ricordare la resistenza di ieri ma per rivendicare la legittimità e l’importanza delle resistenze di oggi.
Ed anche oggi siamo costretti a ribadire la legittimità della resistenza contro chi opprime, affama, uccide.
Anche oggi affermiamo che la resistenza palestinese, in ogni sua forma, non solo è legittima, ma è evidentemente anche l’unica garanzia di esistenza, di sopravvivenza di quel popolo, che se non avesse dato dimostrazione di infinita forza d’animo e determinazione da decenni a questa parte, sarebbe già stato spazzato via da un po’.
Un anno fa vi demmo dei numeri sul genocidio in corso a Gaza: dalle 34180 persone uccise e 77mila feriti, siamo passati a 51mila morti, di cui 20mila bambini, e 160mila feriti. Il numero dei giornalisti a 200.
Da circa un mese Israele ha rotto unilateralmente la tregua e ripreso a bombardare come e più di prima, in aree indicate come sicure, sulle tende degli sfollati, radendo al suolo l’ultimo ospedale in funzione e bruciando vive le persone.
Ancora da prima che Israele nega l’ingresso nella striscia a qualsiasi bene di prima necessità: benzina per i generatori, cibo, acqua.
È passato un altro anno di massacri, umiliazioni, crimini di guerra e contro l’umanità: un altro anno di genocidio.
Purtroppo questo non ha riguardato solo Gaza: la Cisgiordania è stata teatro della più vasta operazione militare israeliana, superiore anche a quella della seconda intifada. Tutte le città e i campi profughi hanno subito raid, attacchi con bulldozer, droni, assedi veri e propri. I morti sono centinaia, i feriti non se ne parla, le persone arrestate circa 17mila. A Jenin il campo profughi è stato raso al suolo: sono state distrutte le infrastrutture sanitarie, le fogne, qualsiasi cosa.
L’obiettivo, come sempre, è duplice: schiacciare la resistenza e rendere il territorio inabitabile, in modo da svuotarlo e renderlo colonizzabile dai sionisti. Gli “insediamenti”, ma è più giusto chiamarle col loro nome, e cioè “colonie”, sono aumentati, così come sono aumentate le aggressioni dei coloni nei confronti dei palestinesi.
Ed è proprio questo aspetto che caratterizza non il governo Netanyahu, non l’ala destra di Smotrich e Ben Gvir, ma tutto il movimento sionista dal quale prende vita quella che tanti palestinesi chiamano “l’entità sionista” e che in occidente chiamiamo Israele: quello sionista è un colonialismo d’insediamento. La forma di colonialismo più brutale che esista, basata sul furto della terra ai residenti, sul loro allontanamento con qualsiasi mezzo e sulla loro sostituzione con persone provenienti da altri paesi. Netanyahu è un assassino senza scrupoli? Certo! La destra religiosa al governo è una banda di feroci nazisti? Senz’altro! Ma chi dei nostri politici, anche di sinistra o pseudo-tale, individua il problema nel governo attualmente in carica in Israele, si nasconde dietro a un dito! Se si vuole la pace ci deve essere giustizia: deve cessare il genocidio, deve cessare l’apartheid, deve cessare l’occupazione militare che va avanti dal 1967 e deve cessare il colonialismo.
In questo ultimo anno abbiamo visto anche l’invasione del Libano meridionale da parte dei soldati sionisti, nel tentativo di spazzare via Hezbollah, che da solo assieme allo Yemen appoggia e sostiene la resistenza di Gaza. Anche qui distruzione, migliaia di morti e un cessate-il-fuoco che subisce continue violazioni unilaterali da parte dei sionisti.
Abbiamo visto poi cosa è successo in Siria in appena una settimana a Dicembre, con la cacciata di Assad, il crollo del suo regime e la salita al potere di questo Al Jolani, a capo di un’accozzaglia di milizie di cui molte legate all’ISIS e alla Turchia. Dopo le iniziali dichiarazioni di moderazione e inclusività, stiamo assistendo a massacri di esponenti del vecchio regime e di alcune minoranze, all’approvazione di una carta costituzionale basta sulla sharia e via dicendo: il tutto col benestare delle potenze occidentali, che si sono affrettate a riconoscere il nuovo governo, e soprattutto di Israele, che ha potuto distruggere completamente le risorse militari dello stato siriano ed invadere ulteriormente una parte del suo territorio, in maniera del tutto indisturbata.
Infine ci tocca pure assistere al secondo mandato di Trump, che riesce nel difficile compito di superare a destra “Genocide Joe” Biden, affermando senza pudore alcuno che i progetti sulla striscia di Gaza siano il suo svuotamento dai palestinesi e la ricostruzione come una “riviera”, una sorta di Miami Beach in Medio Oriente.
Di fronte a questo scenario potrebbe essere difficile trovare la forza di reagire. Ma è proprio la resistenza del popolo palestinese nel suo senso più ampio e completo che ci è da esempio. Un popolo che da decenni resiste praticamente da solo contro tutti, e da più di un anno contro un genocidio vero e proprio. I Palestinesi sanno bene che l’unica loro arma è la resistenza, lo ripetiamo.
Non possono certo fare affidamento sul diritto internazionale, che ha sempre rappresentato la cristallizzazione dei rapporti di forza tra gli Stati e che ha sempre vissuto più sulla carta che nella realtà delle cose, ma che nell’ultimo anno e mezzo ha subito dei colpi mortali. Il fatto che Israele stracci la carta delle Nazioni Unite, che definisca l’assemblea dell’ONU “una palude antisemita”, che neghi il visto ai funzionari e che questi diventino anche bersagli degli attacchi dei soldati dovrebbe dirla lunga…..e queste sono solo alcune delle palesi violazioni.
Lo abbiamo detto un anno fa e lo ribadiamo oggi altrettanto chiaramente: dobbiamo sostenere la legittimità della resistenza palestinese, in tutte le forme che i Palestinesi decidono che essa debba avere, siano esse armata, non violenta, bleu o a pallini. La resistenza palestinese costituisce un simbolo per gli oppressi di tutto il mondo, ma anche l’avanguardia della lotta all’imperialismo occidentale e di fatto a tutto il sistema capitalistico.
Nostro dovere è esprimere loro solidarietà umana ma soprattutto militante, e lottare, qui da noi, contro il sionismo e il sistema di guerra.”

Ora e sempre Resistenza ✊

25 Aprile 2025 Valibona
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