Come compagne e compagni del Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos scriviamo queste
righe adesso che si è conclusa da poco la fase del centro di raccolta del materiale, dell’organizzazione dei volontari in squadre e degli interventi, tramite il coordinamento di realtà del territorio a noi vicine. Mentre abbiamo aperto uno sportello che possa fornire alle persone colpite dall’alluvione indicazioni utili per stimare i danni e richiedere i rimborsi, vogliamo iniziare a parlare di alcuni temi riguardo questa alluvione e la conseguente emergenza. Siamo di Campi, sono ormai più di 20 anni che come Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos siamo a contatto con la popolazione, molto spesso con la parte più emarginata di essa. Non siamo qui a spiegare cosa prova la popolazione da chissà quale pulpito, lo sappiamo bene perché ne siamo parte integrante, come persone e come realtà. Pensiamo che il compito di una realtà politica sul territorio sia quello di provare a dare lucidità alla profonda rabbia che tutti abbiamo provato e farne memoria e strumento di cambiamento.
Il cambiamento climatico impone un nuovo approccio alla gestione del territorio: i tempi in cui i disastri ambientali accadevano ogni 20 anni sono finiti, ora (da Genova alla Romagna) accadono con una frequenza e una forza che non possiamo più ignorare. Le estati della siccità, gli inverni delle alluvioni, frane ed eventi estremi, non sono un futuro oscuro e pericoloso che ci si para davanti, ma un presente che ci ha già travolto. Se qui da noi è caduta in 4 ore la pioggia che di solito cade in alcuni mesi, significa che ogni progetto di controllo idraulico del territorio è stato inutile e sarà sempre più inservibile. Piani regolatori, grandi opere, argini vecchi e nuovi, casse d’espansione.
La domanda che dobbiamo farci è “e se fosse piovuto per altre 2 ore?” Ore appunto, non giorni o settimane.
Dobbiamo capire che tutto quello che abbiamo calcolato fino al 2 novembre 2023 appartiene a una logica che non esiste più. Dato che abbiamo toccato con mano il disastro, dato che il cambiamento climatico che pare sempre un ombra lontana è venuto a chiarirci le idee, almeno qua nella Piana di Firenze dobbiamo stabilire nuove regole per il controllo, l’utilizzo e la manutenzione del territorio, le dobbiamo pretendere da chi ci sta intorno e soprattutto da chi decide sulle nostre teste. O faremo memoria di quanto accaduto o saremo condannati a riviverlo, potenzialmente molto molto presto.Sappiamo quanto gli interventi messi in campo dai vari enti competenti in questi anni siano
insufficienti, anche di fronte al cambiamento che è avvenuto nel nostro territorio: rispetto al 1966 ma anche al 1991 la superficie verde nella Piana fiorentina è drasticamente diminuita. Si è costruito ovunque, cementificato, asfaltato, tombato i fossi e i torrenti. La montagna è abbandonata a sé stessa, e sappiamo che ruolo ha giocato anche questo fattore nell’alluvione del 2 Novembre.
Lo vogliamo dire chiaramente: è necessario un cambio di passo a tutti i livelli, internazionale, nazionale e anche locale. Vogliamo piani regolatori che partano da questo presupposto: stop consumo di suolo, recupero delle costruzioni abbandonate, persino recupero “a verde” quando si può. Vogliamo lo stop definitivo alla costruzione del nuovo Aeroporto di Firenze che impatterebbe non solo sul consumo di suolo, ma andrebbe proprio a sbarrare la strada al reticolo idraulico dell’ultima porzione rimasta verde tra Firenze e la Piana oltre ad andare a intaccare uno dei fossi regolatori di tutto il reticolo, il Fosso Reale.
Vogliamo che sia chiaro a Regione, Sindaco di Firenze, Confindustria, Toscana Aeroporti: questa alluvione per noi rappresenta la pietra tombale sul progetto del nuovo aeroporto. Se prima era inaccettabile per mille motivi, dopo il 2 Novembre continuare a perseguire quella strada per noi è semplicemente criminale.
8 morti non sono uno scherzo.
E invece ci tocca vedere il cantiere della nuova Coop in via Palagetta, che abbiamo provato a contrastare a vari livelli senza successo: un altro mostro di cemento per realizzare l’ennesimo centro commerciale che va a impermeabilizzare 80mila metri quadri di terreno agricolo che avrebbero fatto molto comodo a chi abita quelle zone e che è finito sott’acqua. Ben più di un altro supermercato! Oppure un pensiero lo mandiamo anche a chi voleva che si costruisse il nuovo stadio di fronte a Villa Montalvo…
Vogliamo poi dire due cose anche sul tema della cosiddetta “macchina dell’emergenza”. Come è possibile che in un territorio così fragile come è il nostro non ci siano professionalità, mezzi e progettazione adeguati? Come è possibile attendere per giorni che i macchinari arrivino da fuori regione? Davvero le nostre vite valgono così poco? Importante sarebbe avere “a portata di mano” attrezzature utili per questo tipo di emergenze, eviteremmo di perdere ore e giorni vitali nel rendere operativi i soccorsi. Importante sarebbe pensare ad un sistema di avviso di pericolo realmente efficace.
Importante sarebbe un cambio anche culturale nel sistema delle allerte: inutile proclamare allerte di tutti i colori se poi nessuno sa come deve comportarsi e quali precauzioni prendere, se al lavoro neanche ti concedono le ferie.
Sul tema del lavoro che non è stato affrontato da nessuno vorremmo spendere due parole, per chi è stato
alluvionato ed ha passato una settimana o più tempo a spalare la propria casa o quella dei parenti e dei vicini, ed ha usato le proprie ferie, possibile che non ci si sia attivati per applicare a queste situazioni permessi speciali o
perlomeno una cassa integrazione straordinaria per le emergenze?
Anche su questo pretendiamo un cambio di passo.
Sappiamo che nelle prime ore e giorni i volontari della Protezione Civile e i pochi (e spesso inadeguati) mezzi a disposizione si sono dedicati alle emergenze più impellenti, ed è giusto così, ma è altrettanto vero che ci siamo
sentiti tremendamente soli e abbandonati a noi stessi. L’unica cosa che ci ha salvato in quei giorni terribili è stata la solidarietà: la solidarietà tra campigiani, tra vicini di casa, e l’incredibile solidarietà arrivata da fuori. Noi stessi,
compagni e compagne del K100, ci siamo subito attivati per raccogliere materiale utile e abbiamo fatto appello ai nostri compagni e amici a venire ad aiutare la popolazione colpita. Abbiamo visto con i nostri occhi l’animo
campigiano, toccato con mano la rabbia di chi è stato abbandonato nel fango, l’incredulità davanti alla solitudine in cui siamo stati lasciati da stato e istituzioni, la totale perdita di fiducia in quei politici che ieri promettevano e oggi versano lacrime di coccodrillo, in tenuta mimetica o di soccorso. Giorni fa in poche righe e ancora in piena
emergenza vi parlavamo di come fosse “bella e fiera la nostra Campi”, una bellezza fatta di solidarietà: nel fango nessuno era più nero dell’altro, nessuno ti negava un aiuto o semplicemente delle parole di conforto.
Grazie alla collaborazione con altre realtà pensiamo di aver dato un contributo da questo punto di vista, e ci preme ringraziare dal profondo tutti e tutte coloro che in qualsiasi maniera, anche a distanza, hanno fatto (e fanno tutt’ora) qualcosa per aiutare Campi. Quella della solidarietà sì che è stata una grandiosa “macchina”!
Adesso si apre un’altra fase, mentre continuiamo a asciugare i muri delle nostre case, gli elettrodomestici, i libri, i ricordi di una vita. C’è chi ha perso tutto e chi è in grossa difficoltà. I “ristori” annunciati appaiono del tutto insufficienti, sia a livello di “quanto”, sia a livello dei criteri adottati. Se le prospettive sono quelle che sentiamo in Emilia Romagna, ci aspettano magri ristori e quindi le amministrazioni a tutti i livelli si devono attivare, sui temi più importanti, prima di tutto la casa. Tante famiglie sono rimaste senza casa e sono ospiti da parenti o amici oppure in affitto: a queste persone va garantito in ogni modo un tetto in attesa di rientrare a casa propria, per la quale dovranno sostenere costi esorbitanti per sistemarla o saranno costretti a venderla così com’è per recuperare qualche soldo. Si deve fare una politica abitativa su prezzi calmierati degli affitti, sul recupero delle case popolari in disuso e fare un elenco degli immobili sfitti e con qualsiasi mezzo renderli utilizzabili. Lo stesso per le auto, dato che il nostro comune vanta uno dei peggiori servizi pubblici della Piana: si deve pretendere l’incremento del servizio degli autobus che deve essere implementato con mezzi e linee dedicate per scuole e lavoro. Si dovrebbe inoltre garantire con accordi specifici sconti e agevolazioni per chi deve rottamare l’auto per poterne acquistare una nuova.
Dobbiamo metterci in testa che ci vorranno anni a molti di noi per uscire da questa emergenza, anni di finanziamenti e di mutui: o si parla di tutto questo o si sta voltando la testa davanti al problema.
Come Cantiere, vista la nostra storia e la nostra esperienza, nel nostro piccolo, pensiamo che l’attenzione e la partecipazione popolare, in una parola la mobilitazione, può rendere veramente protagoniste le popolazioni e farci ottenere delle conquiste. Ricordiamoci della sensazione che ci ha lasciato il sostegno dei volontari che ci hanno aiutato, così come il sorriso delle persone che abbiamo ma soprattutto avete sostenuto!
La solidarietà popolare orizzontale è stata un toccasana, ed è una buona base per una Campi più consapevole, più attiva, migliore. Tutto ciò acquista maggior valore se di queste esperienze facciamo tesoro e da lì partiamo per cambiare la realtà che ci circonda.
Le compagne e i compagni del Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos
Via Chiella, 4 – Campi Bisenzio
Assemblea ogni Mercoledì ore 21,30